Ennio Doris e il destino già scritto di Intesa-Ubi

Quando viene intervistato, Ennio Doris parla sempre chiaro. È stato così anche stavolta, in un’intervista a Il Giorno rilasciata dal presidente di Banca Mediolanum in occasione dei suoi 80 anni: “È come una corsa a eliminazione”, ha detto Doris chiamato a commentare l’aggregazione Intesa-Ubi e le altre operazioni probabili nel mondo delle banche, “In qualsiasi settore quando si parte si è in tanti, ma qualcuno si perde per strada. In Italia agli inizi del Novecento sono nate 300 fabbriche di automobili, 70 solo a Torino. Ma quante ne sono rimaste oggi? Lo stesso sta succedendo nel mondo delle banche. Quella fra Intesa e Ubi è la prima fusione. Nata non per decisione delle due imprese, ma dall’offerta di quella più grande. Succederà ancora”.

Doris poi ha commentato poi il risultato portato a casa dal premier Giuseppe Conte con il recovery plan: “È un primo passo”, ha detto, “quello che non sono riusciti a fare nell’Ue i politici più visionari l’ha fatto il Covid”. Poi però non biasima chi ha poca fiducia degli italiani in Europa: “Come è stato possibile che uno dei sei paesi fondatori dell’Ue, una delle grandi potenze industriali, sia finito in fondo alla classifica, con una crescita inferiore a quella di Spagna e Portogallo e con un debito pubblico enorme? È chiaro che qualche responsabilità noi italiani ce l’abbiamo. Ed è ora di cambiare”.

Poi un attacco frontale a chi nel governo non vuole usufruire del Mes, il fondo salva-stati che ha messo a disposizione dei paesi 37 miliardi di euro di prestiti per affrontare le spese sanitarie: rifiutarlo è “una follia”, ha detto Doris, per il futuro bisogna essere “più pragmatici e meno schiavi dell’ideologia e dei preegiudizi”.

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