Consulenti, 11 lezioni di finanza spicciola – Più debiti fai, più bravo sei

Prosegue rubrica in 11 episodi che vi introdurrà ai contenuti del libro “La finanza spiegata bene” del giornalista Mauro del Corno.

Qui la prima puntata.

Qui la seconda puntata.

Qui la terza puntata.

Qui la quarta puntata.

Qui la quinta puntata.

Qui la sesta puntata.

Qui la settima puntata.

L’ottavo estratto (clicca qui per acquistare il libro completo) è parte dell’ottavo capitolo, o ottava lezione, il cui tema è il debito.

Qualsiasi cosa produca un’azienda è, o dovreb- be essere, una macchina moltiplica soldi. Un meccanismo da cui esce più denaro di quanto ne entri. Se non riesce in questa «magia» o ad- dirittura distrugge valore, prima o poi fallisce, poiché nessuno ha più interesse a metterci del denaro. Perché mai qualcuno dovrebbe inve- stire in una rischiosa attività imprenditoriale, quando può comprare, con tranquillità quasi assoluta, titoli di Stato ad alto rating? L’unico motivo è che il gioco valga la candela. Ossia che il maggior rischio sia compensato da rendimenti superiori a quelli di investimenti meno rischiosi.  Quando la macchina moltiplica soldi funzio- na bene, più denaro riceve, più profitti genera.  Se l’impresa è efficiente ha quindi interesse a indebitarsi, emettendo obbligazioni o con prestiti bancari. I guadagni che ottiene saranno superiori agli interessi che deve pagare a chi le presta denaro. Ciò è vero soprattutto quando prendere soldi in prestito costa poco, come in questo periodo. Un’azienda che riduce i suoi debiti anche quando i tassi sono a zero, è un’impresa su cui grava il sospetto che sia capace di far fruttare i soldi. Questo ragionamento va inteso cum grano salis, senza spingerlo alle estre- me conseguenze per cui un’impresa potrebbe indebitarsi all’infinito producendo crescenti profitti. Ogni comparto produttivo ha livelli di indebitamento ritenuti ottimali. Tuttavia, se ne cogliamo correttamente il senso, capiamo perché gli analisti finanziari storcono il naso quando si imbattono in società che sono poco indebitate rispetto ai concorrenti. È come se dicessero «potresti ottenere mille e invece ti limiti a ottenere 100, perché? Non sei convinto di poter fare di più? Non sei in grado?» Paradossalmente le azioni di un’impresa con pochi debiti possono essere guardate con sospetto rispetto a quelle di una concorrente più indebitata. Secondo i testi di gestione aziendale «massimizzare i profitti» e premiare gli azionisti è l’unica e sola missione di un’impresa: maximizing shareholder value. L’unica responsabilità sociale di un’azienda è aumentare i profitti. Vedremo nel prossimo capitolo come questo dogma abbia finito con il determinare la diffusione di scelte aziendali scellerate, controproducenti per l’economia nel suo complesso e pericolose per la  stabilità del sistema finanziario. Ogni tre mesi alle aziende quotate in borsa vengono pubblicati bilanci trimestrali che eserciti di analisti spulciano mentre l’inchiostro con cui sono scritti ancora non è asciugato. Quello che apprezzano, e quasi pretendono, sono profitti che aumentano, sempre. In tal caso, vale la pena investire in quella società, e que- sto consigliano ai loro clienti investitori. È una visione miope. Nulla può crescere all’infinito e per raccogliere in futuro bisogna prendersi dei periodi in cui si semina, si concima e si attende. La ricerca spasmodica di continui guadagni fa sì che molte imprese preferiscano affidarsi alle tecniche della finanza piuttosto che allo sviluppo e al miglioramento dei loro prodotti. I soldi vengono usati per fare investimenti speculativi, ricomprare azioni proprie alzandone il valore piuttosto che per la ricerca e lo sviluppo o la creazione di nuovi impianti. Le compagnie aeree fanno utili speculando sui prezzi del carburante, le case automobilistiche con le loro divisioni finanziarie che erogano prestiti a chi compra un’auto, e così via. Nel libro Makers and Takers, Rana Foroohar riporta la definizione della casa farmaceutica Pfizer fornita da un ex consulente della stessa azienda: «una strategia finanziaria in forma di impresa». Mentre gli investimenti per lo sviluppo di nuovi farmaci diminuivano, il gruppo incrementava i profitti grazie a tecniche di elusione fiscale e investimenti finanziari, premiando i suoi azionisti con generosi dividendi.

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