Valzer bancario, chi balla e chi no

Mps fa di tutto per farsi acquistare, Bpm smania per trovare un partner e UniCredit è tirata per la giacca un po’ da chiunque ma per ora si trincera dietro i “no” a raffica del suo ceo Jean Pierre Mustier. In attesa di vedere quel che succede entro la fine dell’anno, la musica pare non essersi placata nel valzer bancario italiano. Un ciclo di danze iniziato con l’acquisizione di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo. E che ora vede ancora in pista un pugno di protagonisti illustri, ma con situazioni molto diverse tra loro che riassumiamo qui di seguito.

Partiamo dalla dama più corteggiata: Unicredit. L’istituto milanese è la seconda banca italiana ed è probabilmente l’unica, in questo momento, che potrebbe pensare di accollarsi quel che rimane di Montepaschi, attualmente partecipata con una quota del 68% dal Tesoro che è disposto a tutto pur di privatizzarla. Questa fronte è di grande interesse anche per il mondo della consulenza finanziaria, dal momento che Mps ha in pancia la banca rete Widiba. Nelle scorse settimane, le indiscrezioni parlavano di un’UniCredit pronta a dividere in due le sue attività: quelle estere in una subholding da quotare a Francoforte, quelle italiane da destinare a un matrimonio con Mps. Si era parlato di uno Stato disponibile a mettere miliardi per agevolare l’operazione. Ma Mustier, alla presentazione dei conti trimestrali, ha gelato un po’ tutti con due frasi: “Preferiamo trasformare la banca piuttosto che integrare altri soggetti” e, riguardo alla subholding, il ceo ha detto che nelle condizioni attuali “non serve realizzare questo progetto”.

Mps, dal canto suo, ha accumulato un altro trimestre di perdite per 451 milioni a causa dei nuovi accantonamenti a fronte dei rischi legali. Il ceo Guido Bastianini, intanto, sta lavorando all’aumento di capitale. Quale sarà il suo fabbisogno lo si capirà entro la fine dell’anno, ma si parla indicativamente di una cifra compresa nella forchetta 2-2,5 miliardi di euro. Un passaggio, quest’ultimo, importante per rendere più appetibile l’istituto in vista di un’aggregazione.

Poi c’è Bpm, al quale è attribuito da tempo un flirt con Crédit Agricole. L’istituto guidato Giuseppe Castagna ha realizzato un utile dei primi nove mesi del 2020 a 262,5 milioni di euro, inevitabilmente più basso rispetto ai 701 milioni del 2019. E da tempo lascia aperta la porta a eventuali partner per “discutere con chiunque presenti un progetto solido, nelle regioni dove siamo più forti”. Ma, si sa, il covid non rende facili i contatti e per ora anche questo fronte rimane in stand-by. Qualcosa, però, dovrebbe succedere e magari ci sarà già un’accelerata a fine anno.

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