Banche-reti e performance fee, chi deve cambiarle e chi no

Fineco, Banca Mediolanum e Anima in una zona di sicurezza, Azimut e Banca Generali che devono fare ancora i “loro compiti a casa”. E’ la visione dell’ufficio studi di Mediobanca (e in particolare dell’analista Gian Luca Ferrari), riguardo al tema delle performance fee, le commissioni sui fondi d’investimento che vengono applicate quando il gestore riesce a realizzare rendimenti superiori all’indice di riferimento (benchmark). Le performance fee sono un prezioso serbatoio di ricavi per le società di gestione italiane e nell’ultimo esercizio hanno fruttato ai primi 10 player nazionali dell’asset management circa circa 1 miliardo di euro di ricavi. Ora, però, come preannunciato da tempo, sono in arrivo le nuove regole dell’Esma, l’authority che vigila sui mercati finanziari europei, che dovranno essere recepite dai diversi paesi dell’Ue.

PALETTI PIU’ RIGIDI – Nello specifico, l’Esma ha fissato dei paletti un po’ più rigidi per l’applicazione delle performance fee. Tra le novità previste, per esempio, c’è l’addebito delle commissioni di performance (per la maggioranza dei fondi) soltanto una volta all’anno e non con una frequenza maggiore. Tale norma ha lo scopo di impedire ad alcune case di gestione di incassare cospicue fee nell’arco un trimestre, con criteri molto discutibili, anche se poi nei trimestri successivi i rendimenti dei loro fondi sono negativi. Di fronte a queste nuove regole, Ferrari di Mediobanca fa alcune valutazioni sulle maggiori banche-reti e società del risparmio gestito quotate in borsa. Tra queste, Fineco è completamente al riparo dalle nuove regole perché (tramite la sua controllata Fineco Asset Management) ha sempre scelto di non applicare commissioni di performance sui suoi fondi. Discorso diverso per gli altri player. Nel caso di Anima e Banca Mediolanum, l’ufficio studi di Mediobanca non prevede però particolari conseguenze poiché le due società hanno delle politiche tariffarie in linea con le prescrizioni della Banca d’Italia in materia di performance fee, che sono già da tempo molto più stringenti che all’estero.

COMPITI A CASA PER AZIMUT E BG – Mediobanca fa notare invece che ci vorrà qualche aggiustamento per altri due player. Uno è Azimut, che tra gennaio e settembre ha ricavato oltre 60 milioni di euro dalle performance fee (stime di Mediobanca), cioè circa un terzo dei suoi profitti netti. L’altro player è Banca Generali che ha annunciato comunque una revisione del sistema commissionale appllicato sui servizi di gestione e di banking (le novità che verranno annunciate durante la dislousure dei risultati dell’esercizio 2020). Tra i titoli dell’asset management e delle banche reti quotate, attualmente le preferenze di Mediobanca vanno verso Banca Mediolanum, per la sua forza commerciale che la mette al riparo anche dal rischio di un nuovo lockdown e verso Anima, per motivi legati all’ipotesi di alleanze o aggregazioni tra il suo azionista Banco Bpm e altri gruppi bancari come Credìt Agricole. Neutrale, invece, il giudizio su tutte le algtre azioni del settore.

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