Consulenti, in Borsa le aziende familiari sono il vaccino anti Covid

A cura di Paolo Paschetta, Country Head Italia di Pictet Asset Management

Sono il 90% delle imprese attive in tutto il mondo e rappresentano quasi il 20% dell’indice MSCI ACWI. Una loro caratteristica distintiva consiste nell’essere intrinsecamente più resilienti nei periodi di crisi (come conferma una vasta letteratura accademica). Parliamo delle imprese familiari, solide e resilienti. Se è pur vero che a volte presentano dimensioni piccole e problemi di governance, in questo mare magnum rientrano anche storie di grande successo e gruppi che sono diventati veri e propri colossi, leader dei loro mercati di riferimento, come AmplifonHermès o la cinese NetEase. 

Le aziende familiari: il 90% delle imprese attive nel mondo

Molte vantano storie secolari, raccolte dall’associazione internazionale Henokiens e raccontate nei libri di management delle Università di tutto il mondo. La stessa Pictet AM rientra in tale circolo esclusivo, essendo una società familiare fondata più di 200 anni fa. E, per quanto non tutte le imprese familiari possano vantare una storia ultra-secolare, siamo in ricca compagnia: le aziende gestite dal fondatore o da una famiglia rappresentano, difatti, una parte importante di quelle che popolano i listini globali, oltre che l’ossatura dell’economia reale in molti Paesi: per esempio, in Francia sono l’80% del totale; in Germania il 90%, in Spagna l’83% e in UK l’80%. Un report dell’Economist, stima che le imprese familiari rappresentino più del 90% di tutte le imprese attive nel mondo. Secondo l’ultimo aggiornamento del Global Family Business Index, realizzato dall’Università svizzera di San Gallo insieme a EY, e che raccoglie le maggiori 500 società a controllo familiare in tutto il mondo, i Paesi più rappresentati in assoluto sono Stati Uniti (con 122 società), Germania (79), Francia (28), Hong Kong (21), Svizzera (19) e India (17). L’Italia è al settimo posto con 17 imprese familiari.

… e anche in Italia sono l’85% delle imprese e il 60% di quelle quotate in Borsa

In tutto, nel nostro Paese, l’Associazione delle aziende familiari (Aidaf) calcola che siano l’85% del totale e il 60% delle quotate (o il 25% in termini di capitalizzazione). Mediamente di piccola dimensione, ma in crescita negli ultimi dieci anni: quelle con fatturato sopra i 50 milioni pesano oggi per il 27,7% del totale, rispetto al 23,3% del 2007. Anche sul fronte della governance, le aziende familiari domestiche migliorano: se i leader ultra-settantenni sono aumentati di quasi dieci punti in percentuale a scapito di quella degli under 50 (oggi il 20,7% rispetto al 26,9% del 2007), è cresciuto anche il modello collegiale, ovvero la coesistenza al vertice di rappresentati di diverse generazioni: il peso di questa formula è passato dal 21,2% a oltre il 40% del 2007.  E sono sempre più numerosi anche i manager professionisti. Il dato più interessante è tuttavia quello relativo alla maggior redditività: le imprese familiari sono riuscite a recuperare il terreno perso nel corso della crisi del 2008, facendo meglio delle altre tipologie di aziende. Un recente paper della Bocconi segnala che anche durante l’esplosione del Covid, nei primi sei mesi del 2020, in media hanno mostrato ritorni superiori del 10% rispetto alle aziende non familiari.

Più redditizie e resilienti

Una vasta letteratura accademica conferma questo maggiore rendimento, soprattutto in momenti di turbolenza, anche a livello globale. Per esempio, questo paper, che prende in analisi gli indici S&P 500 (USA), FTSE 100 (UK), DAX 30 (Germania), CAC 40 (Francia) e FTSE MIB 40 (Italia) tra il 2006 e il 2010, misura che le family firms in cui il fondatore ha un ruolo significativo nella gestione o nell’azionariato sovraperformano del 18% le aziende non familiari in termini di return on asset durante le crisi. Non è un caso, ma un risultato che ha una spiegazione scientifica. Secondo Peter Vogel, professore di Family Business and Entrepreneurship alla IMD Business School di Losanna, servono due elementi fondamentali per superare i periodi turbolenti: resilienza e capacità di adattamento. E le aziende familiari li possiedono entrambi, grazie a sei caratteristiche distintive. Ovvero: visione a lungo termine, prudenza finanziaria, una profonda connessione emotiva tra i proprietari e le loro aziende, valori radicati e lealtà verso i dipendenti, rinnovamento imprenditoriale, e filantropia e Corporate Social Responsibility (CSR).

I sei punti di forza delle aziende familiari

Alcuni di questi fattori sono auto evidenti: è chiaro come avere una prospettiva trentennale, in confronto a quella di breve termine di molte aziende quotate orientate a generare ricavi nell’immediato, contribuisca a rendere una società più solida. Allo stesso modo, una gestione oculata delle finanze aziendali, che porti a mantenere un livello adeguato di liquidità e a non fare eccessivo ricorso all’indebitamento, favorisce la stabilità dell’attività. Altri fattori, invece, meritano di essere spiegati più a fondo: “rinnovamento imprenditoriale” è, per dirla con le parole del professor Vogel, “il modo in cui la nuova generazione porta idee e metodi innovativi in un’azienda a conduzione familiare; una specie di processo naturale di rivitalizzazione”. Ragionando sul concetto di “filantropia e CSR”, Vogel analizza esempi recenti di aziende familiari che hanno rapidamente adeguato la produzione alle necessità del momento, una flessibilità che è più facilmente attuabile da imprese che hanno alla guida un singolo proprietario. Vogel nutre molta fiducia sul fatto che le aziende a conduzione familiare prospereranno nei prossimi anni, perché fondamentalmente hanno gli strumenti e le capacità per affrontare stravolgimenti e choc e per riemergere più forti della concorrenza, anche cambiando completamente business come, nella storia, le aziende familiari hanno spesso dimostrato di saper fare.

Amplifon, l’amore per l’Italia di un ex soldato britannico fatta azienda

Ci sono anche molte aziende italiane tra le imprese familiari di successo. Tra queste, è emblematica la storia di Amplifon, fondata nel 1950 a Milano da un veterano di guerra britannico, Algeron Charles Holland. Holland combatté con la Resistenza italiana e finita la guerra tornò in Patria, ma non per lungo tempo. Aveva, infatti, notato che molti ex soldati avevano subito danni all’udito e decise di aiutarli e di farlo a Milano, dove avviò la sua impresa basata sulla recente invenzione del transistor per produrre apparecchi acustici elettronici. Amplifon è rimasta un’azienda a conduzione familiare, guidata dalla moglie italiana di Holland, Anna Maria Formiggini e dalla loro figlia Susan Carol Holland. La famiglia detiene il 44,9% dell’azienda attraverso la holding di controllo. Crescita organica e M&A la caratterizzano dalle origini, come gli ingenti investimenti nella formazione del personale – cui vengono destinati 10 milioni di euro ogni anno – insieme all’attenzione al cliente e alla sua esperienza. Come spesso accade nelle imprese familiari, la filosofia di base è mirata a restituire alla società parte del successo riscosso: nel 1971 Amplifon ha istituito il Centro di Ricerca e Studi (CRS), una fondazione senza scopo di lucro per sostenere i programmi di ricerca scientifica e clinica sulla perdita dell’udito.

Hermès, il colosso delle borse artigianali francesi

Contrariamente a quello che potrebbe suggerire il senso comune, tra le aziende familiari spiccano gruppi con dimensioni da big corp, come Hermès. Fondata da Thierry Hermès a Parigi, nel 1837, il successo di questa azienda è stato costruito sulla cultura dell’eccellenza del prodotto e sul radicamento nel territorio. Ancora oggi, pur essendo un colosso a cui fa capo il 22% del mercato della pelletteria mondiale, Hermès lavora al motto di ‘una borsa, un artigiano’: ci vogliono due anni di addestramento per diventare artigiani dell’azienda e cinque per diventare capaci di realizzare l’iconica borsa Birkin. L’heritage, così importante per il gruppo, lo è anche per il board a conduzione familiare che si tramanda i segreti della gestione da ben sei generazioni. Il board si attiene a regole operative molto chiare che disciplinano gli aspetti più vari, dalla distribuzione dei dividendi al ruolo dei membri della famiglia. La famiglia controlla l’azienda attraverso la holding H51 creata per contrastare l’Opa ostile lanciata da Bernard Arnaud. Il risultato è un’azienda stabile e leader del settore con margini e Roic importanti e cassa disponibile, che le consente di restare in piedi nelle tempeste.

NetEase, leader dei giochi online che ha diversificato nell’allevamento dei maiali

NetEase, gruppo hi-tech cinese leader nella produzione di giochi online per pc e dispositivi mobili, è il tipico esempio di azienda familiare capace di adattarsi ai cambiamenti. Fondata nel 1997 a Guangzhou da William Ding con il capitale ricavato dalla vendita di un software di fatturazione, era inizialmente un motore di ricerca con un servizio di e-mail (sul modello di Yahoo). La società si è quotata al NASDAQ nel 2000 e ha avuto la capacità di virare sul gaming, durante la bolla delle dotcom. NetEase continua a mutare e nel 2020 si sta espandendo in nuove aree di business come l’e-learning e lo streaming musicale. Inoltre, Ding cerca di imprimere un impatto sociale e per farlo sta investendo nell’allevamento di suini nelle comunità rurali. I 430 milioni di maiali cinesi rappresentano oltre la metà delle mandrie del mondo, ma sono allevati da aziende inefficienti e molto piccole (il 90% ne alleva meno di 50 all’anno). La branch di NetEase, Weiyang, vuole rivoluzione questa realtà, nella speranza di creare nuovi posti di lavoro per i giovani delle campagne. E lo fa usando sensori di tracciamento, analisi dei big data e musica lenitiva.

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