Consulenti: i vostri clienti pagano molto e troppo

Articolo a cura di Alessio Fiorini (nella foto)

 

L’avvento della normativa Mifid I e soprattutto Mifid II è stata inizialmente accolta con preoccupazione e fastidio dagli operatori di settore, dipendenti gestori di portafoglio e consulenti finanziari.

Incertezza sulle reazioni della clientela, incremento della burocrazia, scarsa comprensione generale della ratio sottostante, ansia per la temuta compressione dei margini.

Il cambiamento, epocale, comporta un diverso approccio culturale alla consulenza finanziaria, in primis un cambio di atteggiamento mentale tra gli addetti ai lavori: dalla logica di prodotto performance si passa a quella di servizio complessivo al cliente finalizzato a dare soluzioni e a pianificare l’ottimale gestione del patrimonio nella varie fasi della vita.

Considerando che la quota di risparmio presso i consulenti finanziari è circa il 15% sulla ricchezza nazionale e che nei paesi anglosassoni, più evoluti, supera il 50%, le modifiche normative di cui sopra, Mifid II in particolare, rappresentano a mio avviso il vero turning point per i prossimi 5/10 anni.

La grande rivoluzione: nuovi assetti nel mercato delle reti, rafforzamento dei consulenti migliori e graduale uscita dal mercato dei professionisti con piccoli portafogli senza tasso di crescita.

L’opportunità di incremento delle masse e dei clienti è dunque straordinaria ma ha come condicio sine qua non quella di possedere un proprio modello di servizio atto ad acquisire nuova clientela anche di standing alto, migliorando inoltre il servizio offerto a quella già in portafoglio.

Come riuscire quindi ad avere una trattativa che porti a generare ogni anno una eccellente raccolta netta?

Oltre allo sdoganamento definitivo del concetto di advisory, Mifid II obbliga gli intermediari a rendere espliciti i costi, anche quelli occulti. Commissioni di gestione, di performance e così via. In sostanza il cliente riceve una volta all’anno, ex post, un paper con l’indicazione dei costi in valore assoluto e percentuale riferiti al portafoglio medio detenuto nell’anno precedente all’invio.

Conoscere il TER complessivo è un elemento informativo nuovo che deve essere abbinato alla qualità nella composizione del portafoglio (Asset Allocation Strategica e valore gestionale dei singoli strumenti), unitamente a un’attenta pianificazione delle esigenze di modo da associare correttamente le diverse porzioni di patrimonio rispetto al ciclo di vita di ogni persona.

Mentre la trattativa di acquisizione nuovi clienti e sviluppo della share of wallet per singolo cliente fino a pochi anni fa si basava essenzialmente sulla relazione fiduciaria e sulla performance di portafoglio e di prodotto, ora si apre una nuova via. Chi sarà abile a crearsi questa nuova trattativa, avendone gli strumenti all’interno della rete, potrà cavalcare questo momento di disruption che ad oggi sembra ancora agli albori.

Pochi sono i clienti realmente attenti ai costi sostenuti, spesso neanche li conoscono perchè non leggono le carte (sovente in digitale sull’home banking) e quando ci provano raramente comprendono il contenuto, anche per le non casuali difficoltà interpretative dei report.

Si consideri che spesso non è convenienza del cf evidenziare questo tema, in quanto, la gran parte delle reti posiziona le masse in architettura chiusa (monobrand) o guidata (wrapper e contenitori vari) con costi che superano il 3% e spesso il 4%. Per non parlare di molte delle banche tradizionali o private, in cui la situazione è analoga.

Per i consulenti che hanno la fortuna di operare in organizzazioni customer compliant (architettura aperta al 100% e ufficio studi di livello per la costruzione dei portafogli), l’occasione è ghiotta.

Occorre provare a relazionarsi con il già cliente (sviluppabile) e il prospect con una domanda: “lei è a conoscenza di quanto paga per la consulenza che la banca o il cf le offre? Di conseguenza, ha mai verificato il suo livello di soddisfazione rispetto alla consulenza ricevuta?”. Qualità dell’advisory insieme ai costi sostenuti.

Partendo da un’analisi del TER sulle posizioni detenute presso la concorrenza, nel 90% dei casi il cliente scopre che paga molto, troppo. E probabilmente gli strumenti inseriti nei portafogli sono di bassa qualità come gestione.

Partendo da questo tipo di riflessioni, si va poi a ragionare su un portafoglio alternativo che sia più fair lato costi e che abbia al suo interno fondi e sicav di comprovata qualità, abbinati nel modo corretto grazie anche all’ausilio di un ufficio studi di livello. A questo punto si aprono opportunità di raccolta davvero importanti.

E’ vero che il livello di cultura finanziaria in Italia è ancora basso, tuttavia chi sarà in grado di preparare una trattativa di questo tipo, sono convinto potrà accelerare enormemente nella propria crescita, contribuendo anche ad innalzare la consapevolezza dei clienti nelle proprie scelte di investimento.

Il futuro sarà pieno di successi per il consulente finanziario motivato, preparato, propositivo e sinceramente convinto del ruolo sociale rivestito. Partire dai costi richiede però di essere in una realtà che non solo offra gli adeguati strumenti di analisi e costruzione dei portafogli, ma anche che per politica commerciale abbia davvero la piena soddisfazione del cliente finale come primario obiettivo.

E come anticipato prima…poche sono le reti virtuose in questo senso.

Ecco perchè per chi oggi lavora in Banca e sta valutando il passaggio a libera professione è fondamentale conoscere bene le differenze dei modelli di servizio delle varie reti e per chi è già un consulente finanziario è basilare riflettere su quali siano le mandanti più in linea con gli auspicati e probabili sviluppi futuri.

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