Consulenza, crescita in doppia cifra con la pandemia
Cresce la domanda di consulenza finanziaria, ma lo fanno anche le aspettative di competenza dei professionisti da parte degli investitori che ancora non possono fare a meno del tocco umano rispetto a quello tecnologico dei robo advisor. Sono alcune delle evidenze emerse dal “Rapporto per il 2020 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane” redatto da Consob. Durante la presentazione dello studio, avvenuta il 10 dicembre in video conferenza, l’istituto ha voluto ribadire i propri propositi di migliorare l’educazione finanziaria dei risparmiatori, intensificando gli sforzi che pure hanno portato dei risultati positivi nel 2020 con la diminuzione dello stile d’investimento autonomo.
Dal rapporto, condotto attraverso interviste agli investitori, i consulenti finanziari emergono ancora come figure cruciali. Tra i dati principali, spicca che nel 2020 è aumentata la quota d’investitori che consultano più fonti di informazione (43%) e per il 53% l’esperto rimane la fonte primaria. È inoltre aumentata la propensione ad affidarsi a un consulente (nel 41% dei casi, +11% rispetto a quanto registrato dallo stesso studio nel 2019).
Gli investitori si aspettano dal loro professionista di riferimento prima di tutto competenza (nel 37% dei casi), assenza di conflitto d’interesse (36%) e chiarezza per avere il miglior supporto possibile nelle scelte d’investimento (26%). Per un servizio di qualità, il 32% degli interpellati si è detto disposto a pagare. Mentre il 52% ritiene di non sostenere un costo per la consulenza.
Nell’ambito dello scambio informativo tra consulente e cliente, spicca il 61% di quelli che chiedono sempre il parere del proprio professionista di fiducia quando ricevono una raccomandazione d’investimento. Nel 21% dei casi, gli investitori informano sempre il proprio consulente sui cambiamenti rilevanti. Due clienti su tre hanno interagito con il proprio consulente durante l’ultimo anno (un dato in calo 5% rispetto al 2019). Non sempre, tuttavia, nei periodi di massima turbolenza sui mercati i clienti sono stati contattati e rassicurati direttamente dal loro professionista. Infatti, solo il 15% è stato contattato dal consulente, mentre il 21% ha ricevuto un’informativa scritta.
Un aspetto, questo, forse da migliorare poiché i risparmiatori hanno bisogno del tocco umano del professionista e ancora si fidano poco delle tecnologie digitali e dei robo advisor. Solo il 31% del campione, infatti, si ritiene interessato a quest’ultimo servizio, che ancora non sfonda per basse competenze digitali dei risparmiatori, generale preferenza per il professionista umano e sfiducia circa l’affidabilità dell’algoritmo.
In un contesto generale dove il numero degli investitori è aumentato a quota 33% (rispetto al 30% nel 2019), i prodotti più gettonati si sono rivelati certificati di deposito e buoni postali (per il 46%), seguiti da fondi comuni (32%), titoli di stato italiani (24%), polizze vita finanziarie (17%) e gestioni patrimoniali (14%). Non sfondano, infine, gli investimenti socialmente responsabili (SRI) che si confermano scarsamente diffusi con il 52% dei decisori finanziari che non ne ha mai sentito parlare (seppur in diminuzione). Solo il 25% si dice interessato a questi investimenti e l’8% che ne possiede in portafoglio. Tra chi è informato sugli investimenti SRI, invece, l’interesse sale a circa al 70%. Segno di come la scarsità di informazioni condizioni in qualche modo l’andamento di questo settore.
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