Importante è la nicchia

Grazie alla MiFID l’architettura aperta potrebbe diventare una realtà anche in Italia. Sempre più frequentemente le SGR nostrane scelgono, infatti, la via della subdelega ai gestori esteri.
Threadneedle ha intuito questa tendenza e si prepara a invadere il mercato italiano con i suoi “asset di nicchia”.
A guidare la società inglese in Italia Alessandro Aspesi.
 
Nel corso della presentazione ufficiale al mercato italiano avete annunciato obiettivi ambiziosi. Come pensate di realizzarli?
Threadneedle è tra le prime dieci società di asset management indipendenti in Europa. Il primo passo in Italia sarà quello di puntare agli asset dei clienti istituzionali. Mentre per quanto riguarda la clientela retail l’obiettivo è quello di focalizzarci su accordi mirati con diverse unità di private banking e family office. In tre anni vogliamo entrare nella classifica italiana delle prime dieci SGR estere.
 
Quale strategia seguirete per siglare accordi distributivi?
L’obiettivo è di siglare nei prossimi tre anni almeno 5/6 accordi con importanti player nell’ambito del collocamento e della consulenza finanziaria.Si tratterà in ogni caso di accordi “mirati”, con selezionate reti private, volti a offrire tutta l’expertise dei nostri “asset di nicchia”, come nel caso dei prodotti 130/30 e degli hedge fund.
 
Ma avete già prodotti pronti al lancio?
Proprio nel mese di maggio partiranno i primi 44 fondi Threadneedle, siamo solo in attesa delle autorizzazioni delle autorità di vigilanza. Si tratta di due famiglie di prodotti che hanno già ottenuto il via libera da parte della Consob inglese (FSA) e che si contraddistinguono per la presenza di commissioni di gestione inferiori alla media italiana.


 
Anche se le SGR estere sono meno coinvolte dalla crisi del risparmio gestito, non sembra essere il momento ideale per debuttare nel mercato italiano?
L’industria dell’asset management sta vivendo importanti trasformazioni che si riveleranno, sotto molti aspetti, positive per lo sviluppo del risparmio gestito italiano. E in questo processo di trasformazione il ruolo della MiFID è stato, ed è tuttora, fondamentale.
Una delle prime conseguenze della direttiva europea è l’ampia diffusione di piattaforme per la gestione dei fondi di fondi e delle gestioni patrimoniali. La selezione dei gestori passa sempre più frequentemente attraverso questi supporti. Il tutto a vantaggio degli aspetti qualitativi e a scapito del brand. Prima della MiFID per selezionare un gestore era spesso determinante il brand della SGR. Nel nuovo contesto anche realtà come Threadneedle possono godere di maggiore visibilità.
Emerge finalmente la qualità.
 
Ma, tornando alla crisi del gestito, esistono secondo lei delle vie d’uscita?
L’equiparazione fiscale tra fondi italiani ed esteri consentirebbe alle SGR nostrane di svolgere la propria attività di gestione in maniera più adeguata, favorendo un perfezionamento dell’offerta al pari delle società estere. Oggi, invece, molte SGR italiane in cerca di qualità sono costrette a scegliere la via della subdelega, ovvero delegano alle SGR estere la gestione di parte delle proprie asset class.
 
Un’interessante opportunità per voi?
Sicuramente. Si tratta di una situazione favorevole per le SGR come Threadneedle che possono offrire competenze specifiche non presenti in Italia, come la gestione di prodotti 130/30 e di hedge fund. Ma è anche un vantaggio per le SGR italiane che possono aggredire il mercato con strumenti che vantano il brand italiano e le competenze estere.
Come Threadneedle offriamo “competenze di nicchia” in un’industria del risparmio gestito che è sempre più polarizzata tra fondi a gestione passiva e fondi che puntano alla ricerca dell’alpha.

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