Consulenti, tutte le doti degli under 35

Il tema dell’inserimento dei giovani trentenni nelle professioni è un tema annoso che riguarda quasi tutti i professionisti, pensiamo ai notai, ai medici, ai professori universitari ma anche ai molti artigiani. Non fa eccezione il mondo della consulenza finanziaria, dove la sostenibilità di questa professione richiede doti e competenze che non si imparano solo sui banchi di scuola. L’età media dei consulenti finanziari cresce di anno in anno, come d’altronde quella dell’intera popolazione italiana, il tema vero non è la data di nascita, ma l’evoluzione della figura del consulente finanziario. Il consulente finanziario del 2021 si presenta con un portafoglio medio che è il doppio di quello di dieci anni or sono, al contempo il numero di consulenti con mandato attivo cresce ma certamente meno che in passato. I clienti più patrimonializzati (private) e gli imprenditori sono divenuti gli interlocutori privilegiati.

Vi è un’intera fascia della popolazione che non ha mai avuto l’occasione di entrare in contatto con un consulente finanziario. I clienti seguiti da un consulente finanziario sono mediamente più soddisfatti della media del mercato, quindi il modello è vincente e va valorizzato. Le reti dei financial advisor hanno bisogno di attrarre giovani trentenni in quanto portatori di punti di vista e istanze diverse e in quanto dotati di competenze complementari rispetto al resto dell’universo.

Diversi dai senior
Da Finer Finance Explorer, monitoraggio annuale che coinvolge oltre 3mila consulenti finanziari, emerge che i consulenti finanziari, con un’età media di 35 anni si differenziano dai loro colleghi più senior nella relazione con la mandante per una serie di aspetti. Innanzitutto sono mediamente più esigenti in termini di ampiezza della gamma e livello di innovazione dei prodotti: ne vorrebbero di più e periodicamente rinnovati. Apprezzano maggiormente i servizi e i prodotti aggiuntivi (protezione, credito) in quanto costituiscono un’ulteriore fonte in grado di remunerare la propria attività di consulente patrimoniale e non solo finanziario. Sono più soddisfatti e attratti dai contest (monetari e non) e dal front fee rispetto al management fee, come d’altronde è naturale avendo un portafoglio mediamente inferiore a quello dei colleghi più senior. Sono anche più fedeli alla mandante, ai suoi manager e orgogliosi di lavorare per la propria società verso la quale hanno un senso di appartenenza più elevato. Sono più esigenti, come è naturale essendo millennial, sulla digitalizzazione dei servizi sia di back office che di front office verso i clienti. Mediamente più proattivi, dedicano un terzo (33%) del loro tempo alla ricerca di nuovi clienti contro il 16% dei colleghi più senior, che possono contare su portafogli più consistenti. Il 57% è molto più ottimista sul proprio futuro, su quello della professione del cf e della propria mandante da qui a 5 anni, contro un 32% dei colleghi più senior.

Digitali e motivati
A livello di dieta multimediale sono onnivori: utilizzano i social network (soprattutto LinkedIn) con una frequenza doppia rispetto alla media dei cf ma anche affamati di informazioni provenienti dai media tradizionali (quotidiani, newsletter e siti specializzati). Un profilo dunque estremamente interessante quello dei cf 35enni. Infine un dato: se, come naturale, il 67% dei cf 35enni ha un portafoglio inferiore ai 10 milioni vi è ben un 9% che supera i 30 milioni. Motivati, digitali e proattivi, affidare quindi a costoro un portafoglio clienti per facilitarne l’avvio alla professione (alla luce dei 1.700 miliardi in liquidità sui conti correnti) non è soltanto una semplice opzione, sembra oggi addirittura un dovere.

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