Se salta Monte dei Paschi di Siena, salta il mondo bancario.
Questo l’avvertimento di Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, sindacato più rappresentativo del mondo bancario in un one to one con Antonio Patuelli, presidente dell’Abi. L’alert è un monito per il governo in primis, ma anche ai protagonisti bancari pronti o meno al salvataggio della banca senese, tra tutti Unicredit.
Avvertimento che sottintende un’urgenza, quella di velocizzare il salvataggio prima del totale ammaraggio di Mps.
Alla base dell’empasse ci sono diversi fattori, tra cui il cambio della guardia ai vertici di Unicredit, ma anche la crisi di governo che ha fatto di nuovo scivolare la pratica Mps nei cassetti del Mef.
Sileoni però lascia intendere però che la scelta del precedente governo, in accordo con la Bce, di puntare su un partner di primo piano per garantire il salvataggio di Siena non può subire altri ritardi. Anche perchè a fine anno il Tesoro uscirà dal capitale della banca e prima di allora una soluzione andrà trovata.
Si rimane allora in attesa dell’insediamento di Andrea Orcel a metà aprile, sperando che ritorni interesse verso il dossier senese. Fonti finanziare però non sembrano fiduciose a riguardo. La possibilità di fusione incontra una serie di resistenze sia all’interno del Cda di Unicredit e tra le prime linee del management. In questo clima a dire l’ultima parola toccherà, ma non prima dell’insediamento di metà aprile, al futuro ceo già designato Orcel che finora sulla pratica ha scelto la strada del silenzio.
Occhi puntati su Unicredit perché, d’altronde, sarebbe l’unica con le spalle abbastanza larghe per risanare la ferita di Mps. Altri matrimoni, con Banco Bpm per esempio, vengono infatti ritenuti suggestivi ma poco praticabili.
A quel punto, in caso di rinuncia di Orcel, in molti ritengono possibile solo la strada di un possibile ‘spezzatino’ di Mps o un’asta internazionale dagli esiti tutti da valutare. La palla tornerà quindi al Tesoro. Per i sindacati la parola d’ordine è comunque quella di fare presto: “Un istituto importante come Mps che dà lavoro a circa 18 mila dipendenti non può essere lasciato fallire”, sottolinea Sileoni.