Azimut, tutte le nuove sfide di Giuliani

“I risultati che abbiamo conseguito, sia a livello di utile record sia di masse in gestione con 70 miliardi di euro a fine febbraio, sono il frutto della combinazione di più azioni: performance netta ai clienti positiva (14% in due anni); aumento dei ricavi ricorrenti; attenta disciplina e contenimento dei costi operativi; sviluppo di prodotti e servizi innovativi con un focus particolare sui private market nei quali abbiamo raggiunto a fine anno i due miliardi di masse, dai 600 milioni dell’anno precedente”. Pietro Giuliani (nella foto), presidente di Azimut Holding, commenta così il profitto di 382 milioni di euro segnato lo scorso anno dal gruppo da lui fondato e guidato. E parlando con BLUERATING spiega le sfide del futuro, togliendo anche qualche sassolino dalla scarpa.

Nell’ultimo anno il titolo Azimut ha perso in Borsa oltre il 6% recuperando però quasi il 15% nell’ultimo semestre. Quali sono le ragioni direi ormai strutturali di questa valutazione? Non è che il mercato valuta Azimut più come un asset manager che come un distributore e quindi con multipli più bassi?
Ritengo che il valore della nostra società sia ben più ampio di quello espresso oggi in Borsa. Continuiamo, infatti, a centrare gli obbiettivi che ci prefissiamo, molto spesso a superarli come è stato per l’utile degli ultimi due anni, ma il mercato appare sempre troppo conservativo, e quindi in ritardo, sulle stime. Credo che ancora non abbia compreso fino in fondo l’unicità del nostro modello di business e della nostra strategia nel settore. Altrimenti non si spiegherebbe perché siamo primi tra i competitor quotati in Italia per crescita negli ultimi 7 anni delle masse (+124%), di utile netto (+ 119%) e per dividendi distribuiti (pari a 8,8 euro) ma la nostra capitalizzazione è aumentata solo del 4,5% mentre le altre reti sono cresciute dal 30% al 200% circa (vedi tabelle alle pagg. 12-14-15, n.d.r.).

In che modo potrà impattare sui risultati Azimut da qui a tre anni la stretta Esma sulle commissioni di performance che entra in vigore proprio quest’anno sulle fee che solo nel 2019 hanno fruttato un miliardo di euro alle banche-reti?
Tutta la nostra gamma lussemburghese è migrata verso il metodo di calcolo che avevamo annunciato nel 2019 e a seguito di questo cambiamento a partire da quest’anno le commissioni di performance peseranno solo per circa il 20% dei ricavi e dell’utile. Inoltre, su alcuni elementi di trasparenza introdotti da Esma ci siamo allineati con una rivisitazione dei prodotti della nostra piattaforma lussemburghese che opera sotto uno dei regolatori più all’avanguardia nella materia.

Cosa rispondete a chi sostiene che i costi pagati dai vostri clienti sono troppo elevati?
Continuo a sostenere che guardare solo ai costi sia riduttivo, meglio focalizzarsi sui ritorni al netto delle spese. I nostri clienti hanno ottenuto un rendimento medio ponderato netto negli ultimi due anni di +14%.

Di fatto siete l’unica multinazionale italiana del risparmio. Quali sono le prossime aree di sviluppo fuori dai nostri confini? E attualmente, al di là delle masse in gestione apportate, quanto contribuiscono le “bandierine” straniere all’utile del gruppo?
Al momento vogliamo rafforzarci nei 17 paesi in cui siamo presenti, come abbiamo fatto di recente in Brasile e in Messico dove abbiamo acquisito boutique di asset management specializzate, che andranno a rafforzare il nostro global team di gestione composto da più di 150 gestori e analisti con una copertura sui mercati H24. Le masse riferibili alle attività estere rappresentano oggi il 34% delle masse totali. Un dato considerevole se si pensa che è stato realizzato in poco più di 10 anni e il contributo sui margini diventa sempre più consistente, nel 2020 il business estero ha contribuito all’ebita di gruppo per circa 59 milioni di euro.

Come è organizzata la vostra rete in Italia e quali sono le peculiarità della vostra struttura?
La nostra rete di 1.800 consulenti finanziari in Italia è suddivisa in 6 macro aree governate e gestite con deleghe piene dai managing director, veri e propri amministratori delegati delle loro aree, che siedono nel consiglio di amministrazione di Azimut Capital Management SGR. Sono Silvano Bramati che governa il Piemonte e la Valle D’Aosta; Monica Liverani per l’Emilia Romagna, Marche e Umbria; Riccardo Maffiuletti per il Centro Sud con presidi anche in Lombardia e Trentino Alto Adige; Filippo Notarcola per il canale istituzionale; Alessandro Parentini col fratello Alberto per Azimut Global Advisory; Oliviero Pulcini per la Lombardia e la Liguria e Paolo Zola per il Triveneto. È una struttura altamente qualificata che interagisce in modo costante e decide collegialmente sulle questioni più importanti.

Peninsula, Epic, Gellify e altri: partner importanti nei private market con prodotti dedicati. Ma perché un investirore Hnwi dovrebbe bloccare i risparmi in formule congelate per anni?
Per ottenere un rendimento tale da permettere di conseguire, in un mondo di tassi a zero o negativi, una performance positiva su tutto il portafoglio. Infatti nel contesto di tassi bassi che ha determinato una fuga dei risparmi verso la liquidità, per le quali le banche hanno iniziato a far pagare ai clienti un tasso negativo sui c/c, non ci sono molte altre strade. Negli ultimi 20 anni le asset class dell’economia reale hanno generato un rendimento medio annuo dell’8% contro il 2% dei mercati obbligazionari internazionali, lo 0,8% dei mercati monetari e il -2% del conto corrente. Ecco il motivo per il quale più di 25 mila clienti hanno investito nei nostri fondi alternativi ed è un trend che crescerà grazie all’attività dei nostri consulenti con i quali da sei anni approfondiamo queste tematiche.

Credete nel crowdfunding?
Abbiamo da poco lanciato il fondo ALICrowd in partnership con Siamosoci e la loro piattaforma di crowdfunding Mamacrowd (di cui siamo anche azionisti). C’è del valore da estrarre anche da questa forma di venture capital soprattutto se l’opportunità è ricercata da professionisti che conoscono il segmento e non si investe soltanto su una singola startup.

Sui conti correnti sono parcheggiati 1.700 miliardi di liquidità, cifra aumentata proprio nell’anno del Covid-19. Di chi è la colpa? E come utilizzarli meglio senza colpirli con una patrimoniale?
La colpa è sicuramente della paura, che è stata scatenata dalla pandemia, ma anche dalla pigrizia e dalla poca dimestichezza degli italiani con la cultura finanziaria. Questo tesoretto andrebbe indirizzato verso l’economia reale ottenendo da un lato un sostegno alle imprese e all’economia, dall’altra rendimenti positivi per i clienti.

Il 23 marzo avete annunciato due importanti operazioni: il lancio del primo Security Token nell’asset management e un accordo negli Usa con una delle famiglie più ricche al mondo.
Le ultime due operazioni annunciate sono l’emblema di cosa è oggi Azimut, un gruppo proiettato nel futuro che continua a innovare e a ricercare nuove opportunità per i suoi clienti. Siamo riusciti nel tempo a costruire contatti, relazioni, capacità che uniti alla nostra passione e coraggio ci permettono di realizzare progetti che per altri, forse, sono difficili anche solo da immaginare. La prima innovazione che abbiamo presentato riguarda Azimut Token, emesso in collaborazione con Sygnum Bank la prima digital asset bank al mondo, che è la rappresentazione digitale di un portafoglio di prestiti alle piccole e medie imprese italiane originati sulla piattaforma di Borsa del Credito e garantiti dal Fondo di Garanzia del Mediocredito Centrale. Utilizzeremo questo token, identificato come AZIM, nella costruzione dei portafogli per i nostri clienti private in Italia attraverso una gestione patrimoniale e saranno inseriti anche nei fondi di credito alternativo lussemburghesi dedicati alla clientela professionale. La tecnologia sta rivoluzionando il mondo degli investimenti e con Azimut Token ci posizioniamo in modo pionieristico di fronte a un trend che può crescere a grande velocità e che, siamo convinti, sia destinato a cambiare anche il modo in cui le aziende raccoglieranno capitali. Basti pensare che il numero di offerte di asset digitali sta aumentando a livello globale, mentre il numero di IPO tradizionali sta diminuendo

E l’altra operazione?
La seconda novità guarda Oltreoceano dove abbiamo siglato un accordo con due importantissimi family office, quello della famiglia Bezos e quello della famiglia Moross, per sviluppare HighPost, società di private equity focalizzata nel settore consumer negli Stati Uniti. L’operazione comporta, tramite aumento di capitale, l’acquisto da parte della nostra controllata statunitense AACP di una quota iniziale del 12,5% in Highpost, con opzioni per aumentare al 24,9%. Con loro lavoreremo per lanciare nei prossimi anni diversi veicoli di investimento facendo leva sulle esperienze e relazioni che i due fondatori e le loro famiglie hanno nel settore dei consumi. Il fatto che due così importanti famiglie abbiano visto in noi un partner affidabile e serio con cui crescere ci riempie di orgoglio e credo sia l’ennesima attestazione del valore delle scelte strategiche che stiamo portando avanti. Solo i nostri clienti, tramite i nostri consulenti finanziari, possono oggi in Italia investire in sicurezza in queste asset class.

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