Banche, annunci green ma finanziamenti al fossile

I grandi annunci green sono in realtà un bluff? Domanda lecita che potrebbe sorgere guardando i dati. Nonostante il sostegno degli accordi di Parigi, le sessanta grandi banche mondiali, nei cinque anni dal patto, hanno pompato oltre 3.800 miliardi di dollari nell’industria dei combustibili fossili.

Paradossalmente il finanziamento del fossile è cresciuto nel 2020, segnando un incremento rispetto al 2016. Difficile a crederci, vista la retorica del green, eppure il report Banking on Climate Chaos 2021, realizzato da BankTrack e Oil Change International, non lascia spazio ai dubbi.

La classifica delle banche

I dati segnano un trend opposto e anche un allarme. Se l’obiettivo, cinque anni fa, dell’accordo era quello di ridurre rapidamente le emissioni di carbonio con lo scopo di limitare le emissioni, i dati del report sembrano smentire la possibilità di una riuscita nell’intento.
Nella classifica delle prime 12 banche-fossili svetta JpMorgan, che dal 2016 al 2020 ha finanziato (direttamente o tramite la sottoscrizione di bond) aziende fossili per 317 miliardi di dollari, il 33% in più di Citi, in seconda posizione con 238 miliardi di dollari spesi in 5 anni. Tra le aziende maggiormente foraggiate dalla banca guidata da Jamie Dimon si trova Exxon Mobil, che nel 2020 ha ottenuto finanziamenti per 7,5 miliardi di dollari sui 14 miliardi ottenuti in 5 anni.
Wells Fargo, che ha speso 223 miliardi dal 2016 per l’industria fossile (di cui solo 26,4 miliardi nel 2020), l’anno scorso ha investito 5,9 miliardi sul gruppo texano degli idrocarburi Pioneer Natural Resources.

Le emissioni

La causa più incisiva in termini di riduzione delle emissioni è stata la pandemia. Le misure globali per contrastare il dilagare di quest’ultima hanno coadiuvato un taglio delle emissioni di anidride carbonica di circa 2,4 milliardi di tonnellate nel corso del 2020.
A darne notizia è il Global carbon budget 2020, report prodotto dal Global carbon project, team di ricerca internazionale nato all’interno di Future Earth, che monitora il ciclo globale del carbonio.
Il calo di emissioni registrato nel documento è infatti particolarmente significativo rispetto alle riduzioni più incisive degli ultimi 75 anni (0,5 miliardi di tonnellate di CO2 nel 1981 e nel 2009, 0,7 nel 1992, 0,9 nel 1945). “Nel 2020” hanno sottolineato i ricercatori, “si registra un livello di emissioni pari a circa 34 GtCO2, il 7% in meno rispetto al 2019”.

Le emissioni in diminuzione sono quelle relative ai trasporti. I mezzi di superficie hanno subito un brusco stop e hanno ridotto di circa la metà il loro apporto alle emissioni di Co2 per tutto il 2020, toccando picchi in negativo al di sotto dei livelli del 2019.
Gli incendi sono stati inferiori rispetto ai livelli del 2019 – anno in cui, in Amazzonia, si sono registrati i tassi di deforestazione più elevati dal 2008. Nel 2019 gli incendi dovuti alle pratiche di deforestazione erano superiori del 30% rispetto al periodo 2000-2010.
Le quantità di CO2 emessa da attività umane, e quindi principalmente relativo all’estrazione e sfruttamento di carbon fossili, ha raggiunto circa 39 GtCo2 nel corso del 2020, segnando un aumento conseguenziale alla ripresa delle singole economie.

I ricercatori però avvertono che è ancora troppo presto per prevedere l’andamento delle emissioni durante il 2021 per lo stesso motivo. La tendenza globale a bloccare le emissioni è proporzionale alla spinta data dagli Stati per stimolare l’economia.

“Non sono ancora stati predisposti tutti gli elementi per una riduzione costante delle emissioni globali, e il quantitativo di CO2 sta lentamente tornando ai livelli del 2019” ha ricordato a questo proposito Corinne Le Quéré, professoressa presso la school of environmental sciences dell’ University of East Anglia.

I ricercatori del Global project hanno sottolineato la necessità di tagliare le emissioni di circa 1.2 GtCO2 ogni anno fino al 2030 per raggiungere gli obiettivi climatici globali. E guardando i dati del report Banking on Climate Chaos 2021, è chiaro che la strada per un mondo veramente green è più ardua e ripida di ciò che sembra.

 

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