Per giocare d'anticipo

Nonostante il quadro normativo del consulente italiano sarà chiaro in ogni dettaglio solo tra qualche mese, salvo ulteriori slittamenti, alcuni operatori del settore si stanno muovendo in anticipo per trovare la forma più adeguata a esercitare una professione in forte evoluzione.
Tra i primi a cogliere la possibilità di trasformare il proprio stato giuridico da Srl a SpA, con conseguente autorizzazione a diventare SIM, è stata Consultique.
«È stato un percorso obbligato – ha spiegato Luca Mainò, sales and marketing manager della società veronese, – in quanto la normativa italiana prevede, per le persone giuridiche, che prestino solo il servizio di consulenza in materia di investimenti, esclusivamente la forma di società per azioni, indispensabile per diventare una SIM».

Per mettere in piedi una struttura più articolata, la società presieduta da Cesare Armellini, ha dovuto rispettare un iter burocratico ben preciso: aumento di capitale fino a 120.000 euro; presentazione di un programma dettagliato, concernente l’attività iniziale e i tipi di servizi accessori che si intende esercitare; relazione sulla struttura organizzativa; nomina di una società di revisione per il controllo contabile; più una serie di organi interni come internal audit, compliance e risk management, ai fini del controllo interno. Tutte operazioni che comportano una spesa stimata intorno ai 300.000 euro, (vedi articolo “Mano al portafoglio per le aspiranti SIM, pubblicato su ADVISOR di maggio, ndr) anche se Mainò ha spiegato che «i costi dipendono dal tipo di autorizzazioni richieste e Consultique ha sostenuto onori di gran lunga inferiori».

E per chi non fosse economicamente dotato per costituire una SIM, c’è la possibilità, per molti professionisti, di iscriversi all’Albo dei consulenti finanziari
, che però è ancora in fase di realizzazione. E prestare così il servizio di consulenza in materia di investimenti come liberi professionisti persone fisiche «con tutti i limiti che ciò comporta, – ha aggiunto Giannina Puddu, presidente di Free&Partners, società di consulenza indipendente, – oppure dovranno cambiare mestiere. Altrimenti non gli rimane la scelta di integrarsi in strutture più grandi». E sull’obbligo di costituire una SIM, Puddu non lo ritiene ancora certo, perché «la norma italiana, diversa dalla norma introdotta in area UE, potrebbe cambiare per impulso interno o per il dovuto intervento di Bruxelles».


AssoFinance, l’associazione dei consulenti finanziari indipendenti, l’ha, infatti, recentemente nominata presidente, per dare un’ulteriore spinta alla battaglia in corso nel capoluogo belga, affinché tutte le persone giuridiche diverse dalle SpA, possano esercitare l’attività di consulenza finanziaria. E su questa eventualità Giovanni Sicola, presidente di ACOFIN, ha solo il timore «che nascano sul mercato soggetti non sani. Temiamo che strutture di un certo numero di promotori finanziari costituiscano una società e si mettano a fare consulenza. Per questo riteniamo necessario un’attenta valutazione e selezione di chi vuole fare il consulente indipendente».

Da anni, infatti, l’associazione di Sicola si batte per promuovere e diffondere i principi fondamentali della consulenza indipendente in investimenti finanziari, primi fra tutti quelli dell’indipendenza (appunto), della professionalità e dell’assoluta assenza di conflitti d’interessi nello svolgimento di questa professione. La preoccupazione di ACOFIN si rifà anche alla scelta di alcune società, come Copernico e Alpi SIM che, con l’introduzione della MiFID, hanno manifestato l’intenzione di lanciarsi nel servizio di consulenza a parcella.

«Un’iniziativa del genere – ha sottolineato Puddu – potrebbe compromettere, a medio termine, la stabilità e la crescita delle medesime SIM, poiché il loro punto di forza è il promotore finanziario. Per quest’ultimo la consulenza indipendente sarebbe solo un prodotto in più in borsa e per motivarlo al collocamento, il management della nuova società dovrebbe spiegargli il valore della consulenza indipendente, sottolineando i nuovi vantaggi per il promotore. Ma ben presto si accorgerebbe di essere, di fatto, un mero passa carte, escluso dal processo di consulenza in quanto attività riservata all’ufficio studi della società. Consiglio, quindi, a queste società di specializzarsi con le loro strutture nell’attività di collocamento, proprio perché i risparmiatori, attraverso la consulenza indipendente, sono e saranno sempre più alla ricerca della qualità, sia della produzione sia della distribuzione».

Nell’ultimo periodo, poi, alcune reti di promotori si sono avvicinate al concetto di consulenza indipendente e lo hanno utilizzato come strumento di marketing per fidelizzare i venditori e trovare nuovi spunti di profittabilità nella relazione con i clienti. «Le criticità di questo modello – ha aggiunto Mainò – sono, però, da ricercare nell’assenza di una convenienza reale per l’investitore che, di fatto, potrebbe trovarsi a dover pagare una parcella per un servizio di consulenza che in realtà sarebbe strumentale al collocamento. Le esperienze dei mercati più evoluti dal punto di vista finanziario vedono nella consulenza fee only, quella a maggior valore aggiunto per l’investitore e per il consulente, e non credono nella consulenza collocata dal venditore».

Un recente studio dell’Università della Virginia ha, infatti, evidenziato come il modello fee and commission possa incrementare notevolmente i costi a carico dei clienti e di conseguenza peggiorare i risultati.

L’articolo completo è
su ADVISOR di giugno
in edicola in questi giorni

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!