Mps, Profumo non ci sta: il fatto non sussiste

Il collegio difensivo di Alessandro Profumo ha depositato la richiesta di appello con la richiesta di assoluzione piena. Lo riporta Ansa e IlSole24Ore. La sentenza di primo grado lo coinvolge come ex presidente di Mps.

Le motivazioni dell’appello derivano dalla constatazione secondo la quale le  motivazioni della sentenza di primo grado  siano state articolate su omissioni  di documenti delle Autorità vigilanti. Secondo la difesa sarebbbero state omesse anche delle testimonianze di tecnici delle stesse Autorità, oltre a segnalare diversi errori nella lettura dei bilanci.

Il ricorso presentato dagli avvocati Franco Coppi e Adriano Raffaelli, difensori di Alessandro Profumo, chiede una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto. L’annullamento della sentenza di primo grado sarebbe quindi giustificata dalle omissioni sui documenti e dagli errori sul bilancio.

In relazione a quest’ultimo,  secondo la difesa la condanna in primo grado si sarebbe basata anche su un “errore di calcolo della contabilizzazione ‘a saldi chiusi’ negli anni 2008, 2009, 2010 e 2011 per totali 445,5 milioni”, invece che sui 104,2 milioni, correttamente rilevati da Banca d’Italia e Bce.

“Una conferma della posizione costantemente assunta da Consob circa la piena trasparenza della condotta del ‘nuovo’ management di Mps emerge, fra le altre – si legge nel ricorso – dalla testimonianza nel settembre 2019 dalla dirigente della divisione mercati Maria Antonietta Scopelliti”. Gli avvocati di Alessandro Profumo hanno riferito che la diffusione dei prospetti proforma avrebbe “garantito l’ostensione al mercato di tutti i necessari elementi conoscitivi”. Tuttavia dall’analisi della difesa parrebbe che il Tribunale ne dia atto in sporadici passaggi, “comunque non riportati né tantomeno approfonditi”.

Secondo il ricorso, l’aspetto più eclatante è alla base dell’impianto accusatorio. La modalità di contabilizzazione delle operazioni in derivati Alexandria e Santorin. La sentenza – sostiene la difesa – sistematicamente ignora la scoperta dell’a.d Viola e del presidente Profumo delle perdite nascoste attraverso i due veicoli, solo in seguito definiti Cds. “Questa ‘scoperta’ consente il corretto rilevamento a bilancio delle perdite a prescindere dalla modalità di contabilizzazione (a saldi aperti o a saldi chiusi), come più volte indicato dalle Autorità di Vigilanza. In particolare, con il restatement del 2013 venne fornita in accordo con le Autorità di Vigilanza – il ricorso qui fa riferimento ad un documento congiunto del marzo 2013 di Banca d’Italia, Consob e Ivass – una informazione societaria corretta sul piano economico (disvelamento delle perdite in precedenza occultate) e trasparente sul piano contabile”.

Riassumendo: la tesi del collegio difensivo di Alessandro Profumo è che la contabilizzazione a saldi aperti mantenuta dal nuovo management perde qualsiasi valenza ingannatoria perché non è funzionale all’occultamento delle perdite, poichè secondo il ricorso disvelate in modo chiaro e trasparente. Senza contare l’errore di lettura sul binacio. Quindi il ricorso smonta l’impianto accusatorio sostendo che ” in questo modo risulta del tutto insussistente l’argomentazione del Tribunale circa ‘un buco’ di 445,5 milioni, e l’impossibilità della banca a coprire tale perdita con la conseguenza di un aumento degli importi dei Monti bond, già giunti a livello massimo consentito”.

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