Mps, ritorna l’ipotesi spezzatino

Un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro che venga fatto prima, e non dopo una eventuale operazione di M&A. Questa l’ipotesi riportata da Il Sole 24 Ore. L’aumento di capitale potrebbe dover rendersi condizione sine qua non per dare Mps in sposa a qualcuno. In questo modo si tenta di aumentare l’appetibilità di Mps: con  un fully loaded CET1 ratio di appena il 10,4%, la banca non è guardata praticamente da nessuno.

Intanto si moltiplicano i rumor sull’opzione spezzatino. Con più interlocutori al tavolo, si guarda in particolare a UniCredit e Mcc ma lo schema di gioco si allargherebbe potenzialmente anche Banco Bpm e Bper fino ad arrivare a Poste. La prima idea è che la banca di Piazza Gae Aulenti inglobi gli sportelli dell’amministrazione nord di Mps; mentre quelli a sud diventino parte di Mcc. Il mercato intanto all’idea di una Mps “in brodo di spezzatino”, risponde in modo favorevole. Il titolo balza a +4%.

Insomma la banca che nessuno vuole è una pastiglia amare da dividere a più soggetti. Roma sarà costretta a trattare per molto ancora con Bruxelles per dare forma a un piano per salvare Mps, allo stesso tempo cercando di privatizzarla con la cessione della quota di maggioranza del 64% che il Tesoro detiene. Più un imbarazzo che un asset, quindi, per lo Stato.

L’intervento ‘allargato’ su Mps – spiega l’articolo de Il Sole 24 Ore -potrebbe trovare anche un consenso di massima da parte del Tesoro”. Dal punto di vista dei potenziali ‘benefici fiscali’ legati alla trasformazione delle cosiddetta Dta (Deferred tax asset) in crediti di imposta in caso di fusioni bancarie non dovrebbero esserci ostacoli particolari, scrive ancora il quotidiano. Tuttavia c’è da sottolineare che i benefici potrebbero essere divisi in  proporzionalmente agli asset assorbiti dalle singole entità bancarie coinvolte nel progetto.
Tuttavia il tempo scorre: secondo gli accordi con la Bce, il Tesoro dovrà cedere Mps entro il 2021. E ad oggi il calendario segna già maggio.

 

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