Prima di un’acquisizione c’è bisogno di un’attenta valutazione. Le variabili sono tante, ma come scrive Il Sole 24 Ore, la principale potrebbe avere un nome inglese. Badwill, dicono gli esperti, e in Italia pare ammonti a circa 20 miliardi di euro. Tale badwill sarebbe la differenza (negativa) tra la capitalizzazione di borsa e il patrimonio netto tangibile.
Questo valore prende forma e sostanza solo dopo che una banca viene comprata da un’altra. Come scrive Luca Davi: “Lo scorso anno la Bce ha consentito alle banche di riconoscere nel patrimonio della nuova realtà aggregante l’avviamento negativo delle banca target e la mossa starebbe avendo l’effetto sperato”.
Volendo fare un esempio, nell’acquisizione di UBI Banca da parte di IntesaSanpaolo, il badwill era pari a circa 4 miliardi. Stessa situazione nel caso di BPER Banca, che ha acquisito il relativo ramo d’azienda ex Ubi da Intesa per oltre 1 miliardo. Non è andata diversamente nemmeno per il Credit Agricole che ha portato a termine l’acquisizione di Creval, e qui si parla di un altro miliardo circa.
A voler incoronanre le prime banche per badwill in Italia, i nomi da fare sono due. Chiaramente le due grandi, Intesa e Unicredit, le banche oggettivamente più ricche. Subito dopo, in un campo in cui ci si potrebbe sorprendere, si trovano Banco BPM e Montepaschi, con un tesoretto, rispettivamente, da 8,2 e 4,8 miliardi di euro.
Seguono Bper con 3,8 miliardi, Credem con 1,3 e Sondrio con 1,2.
Gli avviamenti negativi sono massicci ma si stanno riducendo, complice il rialzo recente dei prezzi. Elemento, che può decisamente accelerare il risiko.