Ad ogni modo, è anche un fattore di problematiche, anzi di ostacoli che come riporta Il Sole 24 Ore, sono elencati nel quaderno Consob su “La Finanza per lo Sviluppo Sostenibile”, a cura di Nadia Linciano, capo dell’ufficio studi economici dell’authority.
Le problematiche evidenziate sono le seguenti: scarsa conoscenza degli investimenti sostenibili da parte degli investitori retail; criticità relative all’informazione sulla sostenibilità; la bassa standardizzazione dell’informazione prodotta dalle imprese.
Il quaderno inoltre mostra come “più della metà dei decisori finanziari italiani non conosca gli investimento sostenibili, mentre nei restanti casi solo il 5% si ritiene ben informato”. Il rischio è che le imprese si limitino a “riasciacquare i panni” nella corrente della sostenibilità è un rischio avvertito particlarmente dall’authority e si collega strettamente alle altre due criticità evidenziate dal quaderno.
Ma qual è l’operazione da compiere per promuovere la sostenibilità, in modo veritiero? Consob sengala la collaborazione con Assogestioni, una survey sull’applicazione dei criteri ESG nell’ambito delle politiche di investimento. I gestori hanno dichiarato di considerare i fattori ESG non come una moda, ma come una componente della propria strategia aziendale, o come risposta alla pressante rischiesta e sensibilizzazione dei clienti, oltre alla paura dei rischi di una mancata politica di sostenibilità.
Ma il rischio si spera sia tale, come un dubbio sulla possibilità di green washing, e non un appannaggio della situazione reale. Perché se la sostenibilità fosse solo un claim dovremmo ripartire da zero e non parlare più di rischio, piuttosto di lezioni in cattedra: aziende risedetevi e ricominciamo dal primo capitolo della sostenibilità.