Consulenti, tutto quello che c’è da sapere sugli investimenti alternativi

A cura di Maria Anna Pinturo, consulente presso Credem con la qualifica di Wealth Planner e fondatrice del blog diversamentefinanza.com. 

Scena incredibile. Seducente direi, per quanto si intende mettere a tema qui. Finanza. Signori, qui prendiamo spunto niente meno che dal mitico film della tata più famosa, Mary Poppins, che proprio nella scena proposta riesce a essere più comunicativa di tutti gli episodi che si possano citare sulle varie crisi succedutesi nel tempo, per finire con la recentissima e ancora presente emergenza causata dal Covid. E va a finire che, proprio nel susseguirsi di tutti gli eventi disruption che hanno cambiato il sistema finanziario, l’esito sempre più evidente è da identificarsi nel cambiamento del ruolo della protagonista che vediamo in questa scena. La Banca.

«Ma cos’è questa crisi?», prendo a prestito il noto ritornello della canzonetta di Rodolfo De Angelis, per entrare appieno in quello che si sta definitivamente configurando come il graduale e profondo distacco del risparmiatore dallo sportello bancario. Di cui è espressione straordinaria il gesto con cui, nella scena proposta, il fanciullo che si è fatto letteralmente «prendere i suoi due penny» dalle mani dall’anziano banchiere, cerca faticosamente di riprenderseli innescando un roboante effetto a catena su tutta la clientela della centralissima banca inglese, che da quel momento corre timorosa allo sportello per riprendersi il danaro depositato, quasi temendo di non poterlo più riavere. Mettiamo da parte l’emozione suscitata, e cerchiamo di vedere in questa immagine il tema del distacco, della distanza. Che non ha fatto altro che accelerare, proprio in forza del fenomeno Covid. Distanza da parte del correntista-risparmiatore, sotto due aspetti: da un lato, per esperienze personali, ha maturato un sospetto tramutatosi in distacco individuando nella banca non più la certezza di una tranquillità cui non pensare, bensì un continuo stimolo a mettere in discussione la garanzia di lasciare sul conto soldi non decurtati di costi o di interessi; dall’altro ha dovuto maturare ulteriormente questo allontanamento proprio in forza dell’evoluzione digitale causata dalla pandemia, essendo costretto a un utilizzo dello sportello sempre più risibile e condizionato, anche se conclamato come “evoluto” agli occhi del mondo. Ancora distanza da parte di quello che, invece, da semplice correntista si è nel tempo trasformato in investitore, proprio in forza di sollecitazioni dal proprio consulente finanziario che lo ha portato ed educato a considerare la Banca sempre più come un essere remoto su cui contare. Fatto ineludibile che ha portato, come estremo, alla sempre più crescente dedizione alle famose piattaforme online cui devolvere i capitali, quasi fossero corsie non più di emergenza ma quasi “preferenziali” da alcune tipologie più azzardate di investitori pronti a tutto.

Ma qui la più grande distanza maturata nel tempo dalla Banca trova come protagonista la categoria, a tutti ben nota, dei richiedenti fondi per poter costituirsi, quindi crescere ed evolversi, avendo alla base progetti e idee, che di solito fanno andare avanti l’economia. Un’immagine su tutte in una domanda che viene proposta e designata a tale categoria: «Lei che rating ha?», o meglio, il punto è proprio che non è possibile fare questa domanda libera. Piuttosto, l’imprenditore che intenda chiedere fondi alla Banca ha ormai compreso come sia soggetto inesorabilmente a quella, non come domanda ma come definitiva etichetta, incancellabile, che sola lo renderà eventualmente “eleggibile” alla erogazione di quelle risorse per lui necessarie appunto per creare, far crescere e far evolvere l’impresa.

Peccato che, proprio nella più recente storia di evoluzione finanziaria accelerata dalla pandemia, sia evidente come anche questa manifestazione di distanza, questa volta dell’imprenditore, dalla grande madre Banca, abbia trovato non una scorciatoia, ma una strada più sostenibile in una vera e propria alternativa alla Banca stessa.

Non c’è pace nella stampa a tal proposito. A cominciare da Milano Finanza di qualche giorno fa, dove si parla del nuovo regolamento europeo in tema di crowdfunding che sarà in vigore dal 10 novembre 2021 e che metterà a tema gli strumenti di debito alternativi con il proposito di armonizzare il sistema regolatorio dei vari Stati membri. Nello stesso pezzo si evidenzia come sia «necessario un programma di educazione finanziaria che raggiunga gli investitori sensibili agli stimoli del web e dei social, affinché i cittadini acquisiscano coscienza dei pericoli aggiuntivi derivanti dalla digitalizzazione del mondo finanziario».

Esigenza di regolamento e di educazione finanziaria. Non si parla di stravaganza, insomma. Non si dice che le nuovissime modalità di accesso a risorse finanziarie per costituire e far crescere le imprese siano eccezioni in balia dei pochi che se ne interessano. È già un fatto. È già un fatto con dati statistici impressionanti che dimostrano come si debba parlare di regolamenti e soprattutto di educazione finanziaria. E torniamo sempre qui. Perché questa cosiddetta “finanza alternativa”, nei vari nomi con cui si palesa al pubblico dell’imprenditoria, specie delle piccole e medie imprese maggiormente attente a questa novità impressionante per le necessità di credito che le caratterizza, ha bisogno di essere comunicata di più e meglio. Crowdfunding, Minibond, Direct Lending: questi e molti altri sono termini identificativi di un nuovo incontro tra domanda e offerta, un nuovo crocevia tra disponibilità finanziare da parte di investitori e richiesta di finanziamenti da parte di imprenditori. Ma devono diventare sempre più i termini di una comunicazione diretta con il pubblico, o meglio con quel pubblico che, non comprendendo di che si tratti e quali rischi-opportunità rappresenti, potrebbe rinunciarvi ancor prima di capire che si tratta dell’alternativa, la vera alternativa alla finanza tradizionale, che forse non c’è più.

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