Fineco, la storia di Paola

Sono essenzialmente due i temi caldi che caratterizzano da anni, per non dire da sempre, il settore della consulenza finanziaria in Italia. Il primo, forse il più discusso, è quello del ricambio generazionale, legato a un’età media dei consulenti finanziari che supera abbondantemente il mezzo secolo; il secondo, maggiormente riferibile al mondo finanziario nel suo complesso, riguarda la presenza minoritaria di professioniste rispetto a professionisti.

Se favorire l’ingresso dei giovani nel mercato è essenziale per la sopravvivenza de facto dello stesso, promuovere la consulenza finanziaria senza barriere di genere, è fondamentale per offrire ai risparmiatori italiani una proposta professionale che faccia delle competenze l’unico elemento discriminante per la scelta dei servizi.

Il mercato della consulenza finanziaria italiano è consapevole di ciò e non è forse un caso se la percentuale di donne tra i giovani professionisti del settore risulta nettamente maggiore rispetto a quella complessiva del campione; ecco quindi che lo sviluppo di servizi di advisory sempre più competitivi e dal respiro internazionale, dovrà necessariamente passare da una visione strategica d’insieme relativa ai temi precedentemente citati.

A tal proposito BLUERATING ha deciso di contattare alcune tra le principali banche e reti operative in Italia con la finalità di comprendere meglio lo status quo delle donne che lavorano nella consulenza finanziaria.
Una prima parte di domande per la società e una seconda sequenza di quesiti dedicati direttamente alle professioniste. Ciò che emerge è la consapevolezza che nel Bel Paese il percorso di “normalizzazione” non è ancora terminato, ma appare altrettanto evidente la ferma volontà di proseguire con sempre maggiore impegno lungo questo importante cammino. Qui di seguito le domande per Paola Spiridigliozzi, consulente finanziaria di Fineco.

– Come e quando ha deciso di intraprendere la professione di consulente finanziaria?

È una scelta nata negli anni delle scuole superiori, quando si è sviluppata la mia passione per gli investimenti. Dopo gli studi in ragioneria ho proseguito il mio percorso laureandomi in Economia e commercio: ho superato anche l’esame per diventare dottore commercialista, ma ero affascinata dalla consulenza e pochi mesi dopo la laurea ho mandato un curriculum per iniziare quello che sarebbe diventato il mio primo e unico lavoro.

– Quali sono state le tappe più significative del suo percorso professionale?

La mia prima esperienza è stata in Area Consult, poi diventata Area Banca che è stata acquisita da Bipop. Questa ha rappresentato per me un vero e proprio passaggio epocale: a fine anni novanta sono arrivata a gestire un portafoglio corposo, circa 9 miliardi di lire. L’opportunità di aprire conti correnti bancari permetteva una fidelizzazione molto più alta con i clienti, poiché venivano utilizzati sia per l’attività transazionale sia per quella di investimento. Anche per questa ragione il successivo passaggio in Fineco è stato particolarmente fluido.

– A suo avviso cosa cambia, in Italia, tra essere un professionista uomo o un professionista donna della consulenza finanziaria?

Cambia completamente. Credo che la differenza principale stia nell’approccio e nella maggiore facilità da parte nostra di comprendere che è fondamentale per un cliente la possibilità di creare empatia con il professionista. Il paragone che mi sembra più calzante è quello con la scelta del medico: la professionalità è necessaria, ma se trovo qualcuno con cui stringere anche un rapporto umano, di stima e di amicizia, mi affiderò a lui senza lasciarlo più. Le consulenti curano maggiormente questo aspetto, che porta inevitabilmente anche degli svantaggi: il coinvolgimento a livello umano ti fa vivere con trasporto le vicissitudini dei tuoi clienti, mentre una maggiore freddezza in qualche caso consente di lasciare da parte i problemi lavorativi. D’altra parte c’è il piacere di diventare un loro referente a tutto campo, perché la fiducia che ti sei guadagnata si estende a qualsiasi campo della vita. Il risultato è la possibilità, come è capitato a me, di essere al centro di un network che mette in contatto le persone favorendo attività di business. È innegabile che come donne dobbiamo dimostrare più dei colleghi, ma lavorando con costanza saranno i numeri a parlare per noi. E quel divario che oggi esiste tra donne e uomini nella professione potrà essere colmato.

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