Consulenti, la finanza facile

A cura di Maria Anna Pinturo, consulente presso Credem con la qualifica di Wealth Planner e fondatrice del blog diversamentefinanza.com. 

Lui è un rampantissimo medico, cresciuto sugli allori del successo e proprio per questo dimentico di sè stesso e del compito a cui professionalmente dovrebbe essere votato. Immerso negli agi, una bella casa, una invidiatissima moglie e una carriera di quelle che si leggono sui libri. Soprattutto, è l’uomo che non deve chiedere mai, perché tutto gli viene facile, gli si offre sotto gli occhi, disponibile immediatamente come risposta ai suoi bisogni. Peccato che questa presto si palesa non essere, almeno non profondamente parlando, la sua vita vera. E lui è costretto ad accorgersene suo malgrado quando, portato dagli eventi a ricongiungersi con il suo vecchio amico nonché collega in un paese sperduto del terzo mondo, proprio quella vera vita gli si presenta davanti in tutto il suo tutt’altro che splendore, nell’impatto con la più radicale dimensione in cui si possa esprimere il suo ruolo (o quello che dovrebbe essere), di curare finalmente persone che, in un contesto tutto meno che appagante, manifestano un vero bisogno di assistenza. Ed è qui, in questo confronto con una realtà disarmante, che il suo “vivere facile” aveva assolutamente silenziato, è qui che la vera vita da medico vissuta dal collega – lui sì per forza conscio di cosa voglia dire fare il medico – irrompe anche nella sua dimensione fino a quel momento ovattata e protetta.

So che non avrei dovuto, o forse sì, entrare nel dettaglio di questa sintesi del film, che vi consiglio, dal titolo emblematico La vita facile, ma quello che in questi giorni, o per accenni direi, nell’ultimo periodo sta capitando sui mercati pare proprio raccontare la stessa storia. Che poi si riconosce e si smaschera come sempre in appuntamento con gli investitori. Il cliente ha condotto una vita facile – parliamo di mondo di investimenti ovviamente – agevolata dalle continue dichiarazioni a supporto delle banche centrali che quasi si sono avvicendate in una staffetta senza fine per calmare (o calmierare) timori subitanei che tutto potesse di nuovo cambiare. Improvvisamente. Per fugare la possibilità di rivedere la volatilità riemergere. E ora, alle porte dell’estate, il cliente viene in appuntamento e comunica una stanchezza infinita che attribuisce non già al consueto metà anno di tutti tempi, quanto piuttosto a un nuovo criterio di misura del tempo che ormai paragona la fine del primo semestre all’epilogo di un anno e mezzo vissuto pericolosamente. E allora ci si saluta e si rimanda a settembre qualsiasi decisione, salvo poi rimanere col pensiero su quel che sarà e sulle decisioni che andranno prese. Ma qui è il punto: come se, dopo il tumulto dello storno di poco più di un anno fa, la finanza fosse irrimediabilmente diventata… facile, scorrevole, disponibile nei suoi risultati, come se questo fenomeno avesse in qualche modo addormentato il movimento dell’investimento, il vero movimento con le sue motivazioni.

Il cliente è oggi l’esito di una finanza in cui tutto è salito, tutto ha straordinariamente funzionato. Senza che fosse realmente necessario fare una vera riflessione o un vero piano, o ragionare sui motivi per cui azioni o bond stessero dando il massimo. Senza che fosse veramente necessario. Eccoci. Benché non fosse meno importante. Questa vita facile dell’investitore, abituato a pretendere il rendimento anche istantaneo da qualsiasi sua decisione di investimento, rendendola quasi simile a una sottoscrizione (non richiedente un piano, un pensiero sul portafoglio ma semplicemente quella decisione singola), riponendo un’aspettativa quasi inaccettabile su qualsiasi asset abbia scelto, questa vita facile ha nascosto e continuato a tenere celati i veri ragionamenti che guidano le decisioni di investimento. Perché sembravano non essere necessari, all’interno di un sistema di finanza facile. Paragonabile in mille modi a un sistema automatico di emissione di risultati. Ma come è accaduto nella vita di quel medico un po’ distratto dalla sua vera missione, in ambienti che nella loro sgargiante agiatezza potevano censurare il senso vero della sua professione, di questi tempi (e ieri ne abbiamo avuto un assaggio un po’ più amaro) accade di dover ricominciare a riprendere i veri ragionamenti, i veri motivi al fondo di un piano di investimento. Ci volevano gli storni per tornare ad avere paura? Non è questo. Siamo comunque ottimisti sul mercato da qui in avanti? Non sto parlando di questo e non mi sbilancio mai con i miei clienti su visioni ottimistiche o pessimistiche.

Piuttosto penso che, come ogni impatto con la crudezza di una situazione costringe a riprendere in mano il senso, il motivo per cui si è fatta una determinata scelta o ci si è ritrovati in una data circostanza, così anche qui ci troviamo di fronte a un momento non di New Normal – come si legge sulla stampa ultimamente – ma piuttosto in una dimensione di ripresa della vera normalità dell’investimento. Che si erge indiscutibilmente sulla ripresa dei veri motivi che lo guidano. Che non si identifica con singoli acquisti e vendite. Che non si identifica con momenti. E che non è riuscito a identificarsi neppure grazie alle banche centrali con i loro unisoni e continui aiuti al mercato, con una quasi assenza di decisione. E questa mancata identificazione la si vede perché la ripresa dei motivi per investire, ora più che mai, va messa al centro dell’appuntamento di consulenza per evitare che gli investitori, stanchi e vacanzieri, si trasformino presto in passivi e remissivi assenteisti sul mercato della prossima finanza. Quella che sarà tutto meno che facile.

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