Banca Widiba, la storia di Giorgia

Sono essenzialmente due i temi caldi che caratterizzano da anni, per non dire da sempre, il settore della consulenza finanziaria in Italia. Il primo, forse il più discusso, è quello del ricambio generazionale, legato a un’età media dei consulenti finanziari che supera abbondantemente il mezzo secolo; il secondo, maggiormente riferibile al mondo finanziario nel suo complesso, riguarda la presenza minoritaria di professioniste rispetto a professionisti.

Se favorire l’ingresso dei giovani nel mercato è essenziale per la sopravvivenza de facto dello stesso, promuovere la consulenza finanziaria senza barriere di genere, è fondamentale per offrire ai risparmiatori italiani una proposta professionale che faccia delle competenze l’unico elemento discriminante per la scelta dei servizi.

Il mercato della consulenza finanziaria italiano è consapevole di ciò e non è forse un caso se la percentuale di donne tra i giovani professionisti del settore risulta nettamente maggiore rispetto a quella complessiva del campione; ecco quindi che lo sviluppo di servizi di advisory sempre più competitivi e dal respiro internazionale, dovrà necessariamente passare da una visione strategica d’insieme relativa ai temi precedentemente citati.

A tal proposito BLUERATING ha deciso di contattare alcune tra le principali banche e reti operative in Italia con la finalità di comprendere meglio lo status quo delle donne che lavorano nella consulenza finanziaria.
Una prima parte di domande per la società e una seconda sequenza di quesiti dedicati direttamente alle professioniste. Ciò che emerge è la consapevolezza che nel Bel Paese il percorso di “normalizzazione” non è ancora terminato, ma appare altrettanto evidente la ferma volontà di proseguire con sempre maggiore impegno lungo questo importante cammino. Qui di seguito le domande per Giorgia Fabbro, consulente finanziaria di Banca Widiba.

– Come e quando ha deciso di intraprendere la professione di consulente finanziaria?

Ho iniziato a esercitare questa professione nel 1998. L’azienda per la quale lavoravo, intraprese un progetto di apertura di un “negozio finanziario” nella mia città e io decisi di mettermi in gioco, tornando a studiare per superare l’esame di stato per l’iscrizione all’albo. Il resto è venuto un po’ da sé: l’amore per la finanza, per la consulenza, per le persone. Per me è stata una scelta che si è rivelata vincente anche alla luce dell’evoluzione della professione negli anni a seguire e che non mi ha mai fatto rimpiangere di aver lasciato il mio lavoro da “dipendente”. Ventitré anni fa il comparto era giovane, seppur in piena espansione, mentre oggi scegliere di diventare un consulente finanziario è una scelta professionale precisa: esistono appositi corsi di studi e di formazione per lo sviluppo di capacità tecniche e relazionali che agevolano un approccio molto più tecnico e strutturato a questo lavoro che forniscono anche aziende come Banca Widiba.

– Quali sono state le tappe più significative del suo percorso professionale?

Come dicevo, innanzitutto la formazione e lo sviluppo delle competenze. Partendo dallo studio per l’iscrizione all’Albo sino ad arrivare alle certificazioni EFPA e ISO 22222 (che mi hanno insegnato a standardizzare il processo di educazione/pianificazione finanziaria) e passando per il continuo aggiornamento formativo offerto all’interno di Banca Widiba, ho accumulato competenze che mi consentono di erogare quella consulenza scevra da ogni conflitto di interesse di cui tutti clienti, a mio parere, hanno bisogno. L’esperienza accumulata nel tempo mi ha insegnato che la nostra attività, se ha al centro l’esigenza del cliente e della sua famiglia può solo portare al successo ed al raggiungimento di obiettivi professionali anche molto ambiziosi, in un’ottica win-win. Lavorando in sinergia con altri professionisti poi, come legali, fiscalisti e notai, è possibile dare un supporto generale ai clienti che scelgono un consulente prima di tutto come persona di fiducia. Il riconoscimento del ruolo di manager, che ricopro in Banca Widiba dal 2015, è stata un’altra tappa fondamentale per la mia crescita professionale. Mettermi al fianco dei colleghi, dando loro il mio contributo al raggiungimento di importanti obiettivi mi regala un’esperienza molto gratificante; un compito che svolgo con il massimo rispetto delle professionalità di ciascuno, considerato che molti di loro hanno esperienze pluriennali alle spalle.

– A suo avviso cosa cambia, in Italia, tra essere un professionista uomo o un professionista donna della consulenza finanziaria?

Per anni, questa professione è stata appannaggio dei colleghi uomini. In Italia, il fenomeno è sempre stato più radicato rispetto ad altri Paesi, forse anche per un antico retaggio culturale che ha visto spesso solo l’uomo al centro delle “faccende” legate alla gestione del denaro. Pian piano però le cose stanno cambiando e c’è un maggiore e crescente interesse delle donne verso le tematiche finanziarie e sempre di più scelgono la nostra professione. Una cosa è certa: sul piano delle competenze, a mio parere, non c’è alcuna differenza tra uomo e donna. Provare per credere.

 

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