Unicredit, la catena del comando

Il 2021 sembra poter essere l’anno di Unicredit. Come scrive La Repubblica, “dopo 10 anni passati a riaversi dai traumi della crisi finanziaria 2008, di cui fu una protagonista europea, e cinque a tagliare i rischi italiani” la banca di Piazza Gae Aulenti sembra pronta a cambiare e rilanciarsi. Tutte le puntate sono su Andrea Orcel, indicato a inizio 2021 come nuovo ad e in sella da metà aprile. Il banchiere-star sta sfruttando l’onda dell’entusiasmo per dimostrare che Unicredit è tanto viva, quanto capace di risollevarsi dalle sue stesse ceneri, ristrutturando la biologia stessa della banca che sembra già essere mutata in soli cento giorni.

La catena di comando

Il 12 maggio scorso Orcel ha presentato la nuova struttura di vertice, ovvero il Group executive committee, cioè i riporti diretti dell’amministratore delegato. La struttura presentata è più agile e più attenta alla mutliculturalità. E proprio dalla Cina arriva una delle novità più rilevatni.

Jingle Pang, nata in Cina e oggi operativa a Singapore. Per anni nell’organico di Standard Chartered Bank a Pechino. Ora Pang sarà una delle maggiori responsabili dell’attività digitale di tutto il gruppo Unicredit. Secondo i piani di Orcel il digitale dovrà essere la proiezione del futuro nell’istituto, al contrario del parziale coinvolgimento degli ascorsi anni, cercando di superare il limite della Buddy Bank, la banca per smartphone.

La nuova struttura disegna quattro aree geografiche in cui è maggiormente presente il gruppo. Italia, Germania, Centro Europa ed Europa dell’Est, riproponendo su ogni territorio la medesima struttura. Ogni piramide avrà al vertice il diretto interlocutore con Orcel. Niccolò Ubertalli per l’Italia, Michael Diederich per la Germania, Gianfranco Bisagni per il Centro Europa e Teodora Petkova per l’Europa dell’Est. Infine, il corporate and investment banking sarà un settore affidato a Richard Burton che agirà in modo trasversale nei territori.

Gli scorsi mesi

La prima mossa del nuovo numero uno, dopo un mese, “è stata disegnare la struttura dirigenziale di vertice composta da 15 persone (erano 27), sfrondando tutte le diarchie, e dimezzare i comitati crediti, scesi a una ventina da 44”.  Tutte pratiche che ingolfavano l’operatività. Infatti, nel 2020 tutta l’attività in Italia ha guadagnato la miseria di 8 milioni, con un drastico calo del margine di interesse proseguito nel primo trimestre 2021. Una ricerca di Excellence Consulting ha rilevato poi “nel triennio 2018-2020 la perdita di un milione e mezzo di clienti per Unicredit (-4,5%), seconda peggiore dopo Mps (-9,9%) e a fronte del rafforzamento di Intesa Sanpaolo (+11,1%), Crédit Agricole (+7,2%), Banco Bpm (+5,5%)“.

La seconda mossa forte di Orcel è stata giorni fa ridare autonomia alle attività italiane con la stessa dignità e autonomia, a quelle di Germania, Europa centrale, Europa dell’Est. E affidate a Niccolò Ubertalli, dirigente stimato all’interno e già rodato all’estero (in Turchia). “Abbiamo davanti a noi un’opportunità unica per avviare una nuova fase per il nostro Paese”  ha dichiarato Ubertalli.
Infine, nei giorni precedenti, la banca aveva lanciato due nuove iniziative: la creazione di una task force a supporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e l’avvio di un polo tecnologico a Napoli, dove 200 dipendenti svilupperanno l’innovazione finanziaria con l’assunzione di 100 laureati delle università meridionali. Proprio l’insistenza sulle risorse umane e la cultura aziendale, su cui batte il nuovo vertice, migliora l’umore medio dei 40 mila dipendenti italiani.

La strategia delle acquisizioni

Purtroppo c’è un nodo più complesso da sciogliere. Come recupererà Unicredit il terreno lasciato a Intesa Sanpaolo negli scorsi anni? Risposta e processo più difficili di così. “Intesa ha investito più di tutti in tecnologia negli ultimi anni, ha una quota di mercato doppia e ha, soprattutto, fabbriche prodotto nel risparmio gestito e nelle polizze che consentono di incamerare dalle commissioni oltre metà dell’utile, stimato “ampiamente sopra i 3,5 miliardi” quest’anno, almeno un miliardo più della prima inseguitrice”.

Un banchiere del calibro di Orcel non può ignorare che al riassetto interno, imperniato sulla rete e i servizi di banca commerciale, andrà applicata la leva di prodotti più remunerativi da vendere ai clienti. Ed è in quest’ottica che Orcel continua a definire le fusioni a cui la banca è invitata (dal Tesoro sul dossier Mps, da tanti investitori del mercato con l’obiettivo Banco Bpm) “un acceleratore delle nostre strategie di crescita”. Non sono le filiali che mancano alla rete di 4.000 di Unicredit Italia, ma i servizi e prodotti “di successo” ceduti a terzi negli ultimi anni.

 

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