Consulenza e passaggio generazionale, le basi del mestiere

Articolo a cura di Alberto Martini, direttore wealth management di Banca Mediolanum tratto dal numero di luglio di Forbes Italia.

In Italia abbiamo due grandi risorse. La prima è una ricchezza finanziaria da oltre 4.500 miliardi e l’altra sono le nostre imprese, oggi in bilico tra consolidamento ed espansione. Ci sono imprenditori che, non avendo affrontato il passaggio generazionale, preferiscono cedere la propria azienda e altri che invece intraprendono un percorso di crescita che li obbligherà a considerare anche operazioni straordinarie. La maggior parte degli imprenditori vorrebbe però finanziarsi autonomamente mentre solo una minoranza è disponibile a coinvolgere fondi di private equity o altri operatori finanziari e industriali. Tutto ciò può rappresentare un errore se guardiamo alle sfide future dell’industria. Esiste nei fatti un enorme bisogno di consulenza professionale che unisca soluzioni di wealth planning a servizi di banca di investimento per supportare la ‘continuità generazionale’. Da tempo preferisco questo concetto rispetto a quella più noto di passaggio generazionale e lo faccio a ragion veduta. Secondo Eurostat la percentuale di over 65 dell’Ue dovrebbe aumentare del 40% in meno di vent’anni e questo allungamento della vita renderà inevitabile la convivenza tra generazioni, favorendo prospettive che combinino famiglia, patrimonio e impresa. Sarà sempre più facile trovare in azienda membri della famiglia che sono in fasi differenti del ciclo di vita e con diversità importanti nell’organizzazione del lavoro.

Tutto ciò può rendere difficile la loro presenza contemporanea, ma con opportune misure siamo di fronte a una reale opportunità. Solo il 30% delle aziende familiari sopravvive al fondatore mentre quelle che riescono ad arrivare alla terza generazione sono il 13%; sono tuttavia portato a ritenere che le sfide della innovazione e della sostenibilità combinate con l’allungamento della vita media, possano permetterci di assistere a importanti miglioramenti di queste percentuali, grazie alla unione di più generazioni nello sviluppo aziendale. Per Darwin non è la specie più forte o quella più intelligente che sopravvive, ma quella che si adatta più velocemente. Sono quattro le condizioni che facilitano la continuità generazionale: 1) distinguere l’impresa dalla famiglia, 2) applicare una governance fatta di regole chiare, 3) condividere obiettivi e piani d’azione e infine 4) farsi eventualmente supportare da attori esterni. Quando insieme al team di Cesare Lanati (responsabile wealth planning di Banca Mediolanum, ndr) supportiamo i nostri clienti, ci capita di imbatterci in situazioni semplici in cui è sufficiente adattare lo statuto della società, mentre in altri casi può essere opportuno introdurre anche un ‘regolamento di famiglia’ che governi più aspetti fino alla metodologia di scelta delle figure che dovranno ricoprire determinati ruoli in azienda. Gli strumenti che solitamente vengono impattati da questa fase di transizione sono i patti parasociali che oggi possono permettere di definire clausole specifiche garantendone l’opponibilità ai terzi. In ogni caso il coordinamento di tutte queste azioni deve assicurare al soggetto identificato per guidare l’azienda, di poterlo fare. Di contro, chi dei soci non avrà potere decisionale, potrà beneficiare di un maggior peso nella distribuzione degli utili grazie alla strutturazione di categorie di azioni differenti per garantire la soddisfazione di tutti.

Un altro punto di attenzione è legato alla prevenzione di possibili situazioni di stallo. Quando ci troviamo davanti a situazioni in cui i soci si dividono al 50% le quote, sarebbe opportuno chiedersi se tale situazione è voluta oppure ci si è arrivati per non averla gestita prima. Se la situazione è stata inevitabile sarebbe intelligente prevedere delle regole nel caso in cui si arrivi a uno ‘scontro frontale’ ed evitare in questo modo la paralisi della società. In tale situazione è possibile inserire clausole statutarie che fanno cadere l’organo amministrativo attuale per costituirne uno nuovo con soggetti terzi che possano superare l’impasse. In questo scenario, si potrebbero arrivare ad avere all’interno della compagine societaria uno strumento come il trust, il quale detenendo come soggetto terzo il 2% della società potrebbe votare insieme ai due soci oppure votare insieme ad uno solo di essi qualora il trustee ritenesse che si tratti di colui che ha scelto la strada più giusta.

Non dobbiamo infine dimenticare che la normativa civilistica e fiscale prevede disposizioni di favore che possono arrivare anche all’esenzione d’imposta di donazione/successione per il trasferimento dell’azienda agli eredi diretti. Gli strumenti giuridici per pianificare il passaggio generazionale d’azienda sfruttando le agevolazioni fiscali in vigore esistono e l’articolo 3 comma 4-ter del Testo Unico successioni e donazioni è una norma fondamentale: “Il legislatore ha previsto che in presenza di determinate condizioni i trasferimenti di aziende, rami di azienda, quote e azioni sociali a favore dei discendenti e del coniuge non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni”. Nell’ordinamento giuridico italiano esistono quindi tutti gli strumenti utili per un imprenditore che vuole pianificare al meglio la gestione futura della propria azienda e del proprio patrimonio. Ovviamente non esiste una risposta preconfezionata per ogni caso ma dopo una attenta e scrupolosa fase di analisi, la combinazione degli strumenti giuridici più adatti, può rendere la fase di coesistenza generazionale più efficiente e indolore garantendo così la continuità dell’impresa e il mantenimento delle performance aziendali.

 

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