Le confessioni di un consulente triste in vacanza

Pubblichiamo di seguito una lettera intima inviataci da un nostro lettore (potete scriverci a [email protected]). Un addio a una professione molto amata ma che era diventata troppo pesante…

“Caro Bluerating, mi chiamo XXX e ti seguo dai primi anni di quando ho iniziato a fare il consulente. Con settembre saranno precisamente 22 anni. Ti scrivo perché mi piacerebbe tanto concludere da dove ho iniziato, confessando senza filtri per iscritto i miei pensieri e rivolgendoli ai colleghi che seguono come me questo giornale. Ebbene ho deciso che tornato dalle vacanze abbandonerò la professione. A pensarci, ora che sono in vacanza, mi sento profondamente triste, un po’ perché è sempre così quando si abbandona il certo per l’incerto, un po’ perché di fatto è come se finisse una grande storia d’amore diventata insostenibile. Mi ricordo i primi anni da consulente, la passione sfrenata per i mercati, la voglia di emergere che mi ha portato a essere un manager in breve tempo. Il clima “cameratesco” che c’è sempre stato tra noi colleghi, perché diciamocelo, noi consulenti, al contrario di tante altre professioni in questo mondo finanziario, sappiamo ridere e scherzare. La gioia di sentire un cliente che ti chiama come se fossi suo amico, l’orgoglio di sapere di avere aiutato una famiglia a vivere meglio e raggiungere i propri sogni. Eppure da un paio d’anni vi confesso che qualcosa si è spento.

Non è tanto una questione di disinnamoramento verso la professione e i miei clienti, anzi, forse è solo la consapevolezza di non avere più energia per portare avanti un lavoro che richiede uno sforzo enorme. Fare il consulente, per quanto meraviglioso è estremamente stressante: gli obiettivi da raggiungere (facoltativi, si certo, vallo poi a spiegare all’area manager…), il dovere gestire chi è sotto di te e al contempo non perdere di vista nessun cliente cercando sempre di nuovo. L’essere liberi professionisti, ma trattati da dipendenti, non è affatto facile.

Ecco, forse credo che ogni consulente raggiunga il proprio “boiling point”, penso sia naturale per il tipo di professione che facciamo. Lo so perché ne parlo con i colleghi: dopo tanti anni sei sfinito, qualcosa della magia si perde inevitabilmente perché non si ha più benzina. C’è chi tira comunque avanti perché è comunque una professione che, fatta bene per anni, ripaga decisamente sul piano economico ed è difficile da lasciare. Tanti colleghi fanno così, lo so, arrivati a una certa età, seppure spenti nell’entusiasmo, si trascinano attaccati a una locomotiva che non possono lasciare andare. Io, vuoi per carattere, vuoi per ragioni personali, a 47 anni ho deciso che lascerò.

L’ho capito dopo l’ennesima discussione sfiancante con il nostro help desk, dopo che ho perso un’ora a discutere di una possibile deroga per l’apertura di un conto corrente da non residente a residente. Una volta mi sarei incazzato, ma l’adrenalina mi avrebbe subito fatto tornare in pista. Oggi semplicemente non mi sono arrabbiato e ho pensato “ma sì, chi se ne frega, facciano come vogliono”. Ecco, questo non è quello che voglio offrire ai miei clienti. I nostri clienti hanno bisogno di passione, di amore, di dedizione e io non riesco più a darli. Per questo vi saluto con tanto affetto colleghi, ricordatevi sempre di dare tutto quello che avete perché il nostro è il lavoro più bello del mondo. Ma se perdete la passione, vi prego, ritrovatela dentro di voi. Io non ci sono riuscito, ma il mio cuore ricorderà per sempre quello che è stato probabilmente l’amore più bello della mia vita. E trovare l’amore, forse, è lo scopo vero della nostra esistenza. Un abbraccio a tutti voi e grazie per avermi fatto compagnia in questo viaggio indimenticabile”.

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