Generali, il futuro dei dipendenti abbraccia lo smart working

Non è solo una esigenza passeggera: lo smart working è di fatto entrato, dopo anni di latenza, nelle abitudini del mondo lavorativo in Italia. Certo non tutti riescono a vederlo ancora di buon occhio, specie buona parte dell’imprenditoria “padronale” all’italiana, che ha spesso nel voyerismo del dipendente in presenza, a prescindere dall’effettiva utilità della stessa, una parte essenziale del piacere manageriale. Se è vero che comunque, per par condicio, non tutti i dipendenti risultano sufficientemente maturi e/o onesti per svolgere le proprie mansioni da casa, sicuramente le grandi realtà aziendali risultano forse quelle più adatte ad implementare questo modus operanti, vuoi per una visione più internazionale e moderna del lavoro, vuoi per una capacità effettiva di monitoraggio delle proprie risorse umane.

Lungo questa via si colloca anche l’approccio di Generali. Come riportato da Il Sole 24 Ore, il Leone di Trieste ha siglato un’intesa con il sindacato che prevede la possibilità per il dipendente di scegliere tra lavoro in presenza o smart working. Questo a prescindere dalla Pandemia in essere. Per chi opta per il lavoro da remoto, vi è un pacchetto di giornate fruibili da casa che varia a seconda della mansione, con un minimo di 2 fino a un massimo di 4. Queste possono essere smaltite su base settimanale oppure accorpate in ottica mensile o bimestrale.

“Non sempre chi resta di più in ufficio è anche più produttivo. Lo smart working ci sembra più efficiente perché obbliga a valutare le persone sui risultati” commenta Gianluca Perin, direttore risorse umane del gruppo. E, udite udite, rimarranno i buoni pasto. Anche perché, è innegabile, lo smart working conviene in termini di costi anche all’azienda; una soluzione “win-win” (se bene gestita) che farà tutti contenti.

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