Caro consulente triste, io so cosa può farti stare meglio

Pubblichiamo di seguito una lettera inviataci da un nostro lettore in riferimento all’articolo Le confessioni di un consulente triste in vacanza. Per il lettore la soluzione per ritrovare la passione nella professione è a portata di mano…

Caro Bluerating,
mi ha particolarmente colpito la lettera “confessioni di un consulente triste” in quanto coglie in pieno un disagio che molti colleghi consulenti stanno vivendo.
Da una parte abbiamo la soddisfazione e l’entusiasmo del collega per una attività di consulenza ricca di contenuti sia tecnici che umani, non a caso definita il più bel lavoro del mondo, e dall’altro il forte stress e le continue tensioni derivanti dalle pressioni commerciali e dagli impedimenti operativi della struttura in cui lavora.
Il paradosso è che il collega ha intenzione di gettare la spugna non per difficoltà oggettive nel gestire i clienti (con i quali al contrario ha sviluppato ottimi rapporti), ma per il “clima pesante” dell’ambiente in cui svolge la propria attività.
E purtroppo, nel mondo delle Reti Finanziarie (siano esse indipendenti, di estrazione Bancaria o Assicurativa) la sua situazione sembra essere piuttosto diffusa.

D’altronde sappiamo bene tutti quanti come i grandi interessi in gioco abbiano sempre condizionato una sana evoluzione del mondo della consulenza finanziaria, con le innumerevoli furbizie e pressioni messe in campo da molte Istituzioni Finanziarie. A tale riguardo, appare sempre più evidente come la pletora di convegni e dibattiti focalizzati sulla trasparenza, sulla educazione finanziaria, sulla necessità di maggiore etica, ecc. – per carità, non mi si fraintenda, assolutamente importanti e necessari se realizzati con onestà intellettuale – costituiscano spesso solo dei corollari, quasi a distogliere l’attenzione, rispetto alla questione centrale del “conflitto di interessi”, oggi ancor più aggravato e soffocante, con il sistema bancario che oramai trae più del 50% dei profitti proprio dal settore degli investimenti finanziari, a scapito del suo originario ruolo centrale, ben presente nei testi di “Tecnica Bancaria” studiati all’Università, quale collettore ed erogatore di risorse finanziarie per il sistema industriale ed economico del Paese.
Pertanto, puntando sul proficuo business del risparmio gestito, è facile comprendere come le pressioni ed i condizionamenti delle Reti/Banche sui singoli consulenti/private siano aumentati enormemente, con buona pace di chi sperava in una evoluzione positiva – in termini di efficienza per i risparmiatori – del mercato finanziario.

In un tale poco esaltante contesto generale, per chi è insoddisfatto del proprio ruolo di consulente nell’ambito delle reti/Banche/Assicurazioni, esiste in effetti una via di fuga che consente di mantenere la parte più soddisfacente della professione (il positivo rapporto con i clienti) ed abbandonare quella più negativa (le indebite pressioni aziendali).
Questa opportunità è data dalla Consulenza Indipendente, possibile in Italia da novembre 2018 con la nascita dell’Albo dei Consulenti Autonomi.
Nel riportare, come esempio, la mia personale esperienza, posso testimoniare come letteralmente mi sia cambiata in meglio la vita professionale, avendo ritrovato quell’entusiasmo e serenità che anch’io avevo perso nel corso degli anni, nonostante il piacere e le soddisfazioni che provavo relazionandomi con i clienti.
Anch’io affermavo con rammarico “L’essere liberi professionisti, ma trattati da dipendenti, non è affatto facile”. Bene, ora sono solo un libero professionista!

Senza rievocare i numerosi impedimenti che ancora oggi rendono il mondo finanziario poco trasparente e ambiguo (basti vedere l’assurda differenza di trattamento IVA applicata ancora oggi solo alla consulenza indipendente, mentre rimane esente, guarda caso, quella fornita dalle banche!), rimane il fatto che come Consulente Autonomo potresti finalmente svolgere l’attività in completa libertà e senza condizionamenti di sorta, nell’ambito di un network di professionisti tutti altamente motivati.
Mi rendo conto che il passaggio non sia semplice e che vi sia la necessità di un notevole salto culturale (penso, per esempio, accettare la parcella come unica fonte di reddito), ma se si è convinti che con tale scelta si è in grado di fornire un servizio più trasparente, corretto ed efficiente ai propri clienti, non ci si debba spaventare.
Potresti rimanere stupito nel constatare come spesso i clienti siano più avanti di quanto si creda e come anzi siano capaci di comprendere pienamente i maggiori benefici e ben lieti di accettare questo cambio di passo.
A me è capitato così!

Con l’augurio che queste brevi personali riflessioni possano esserti di incoraggiamento e stimolo per riconsiderare la tua decisione, ti auguro buona fortuna.
Un cordiale saluto

PS

Essere considerato libero professionista quando si trattava di sostenere spese e trattato da dipendente per raggiungere gli obiettivi della struttura – anche se a volte questi non coincidevano esattamente con quelli dei clienti – era l’aspetto che personalmente mi indisponeva maggiormente.

Sulla base della mia esperienza, mi permetto di dare un consiglio al collega in crisi: continua a fare il consulente e godere dell’attività che più ti piace e abbandona la parte che più ti pesa. Oggi si può fare!
Se a 47 anni hai intenzione – ed il coraggio – di iniziare una attività completamente nuova, ti suggerisco invece di continuare a fare il consulente finanziario ma in altra veste e con presupposti completamente diversi, in modo indipendente.

Ho cominciato a fare il “promotore finanziario” (così allora si era definiti) nel 1995, quando avevo già passato i 40 anni ed oggi, che ho passato abbondantemente i 60, mi ritrovo a vivere con entusiasmo crescente la professione del consulente finanziario dopo che ho aderito (e iscritto) all’albo dei consulenti autonomi,

 

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