Mps, Unicredit non vuole 15 miliardi di crediti

Continua la trattativa tra Mps e Unicredit. Come riporta La Repubblica, il braccio di ferro si gioca su 15 miliardi di crediti a minore solvibilità che Piazza gae Aulenti non vorrebbe a meno che il Tesoro offra garanzie in caso di default. “Si lavora a forme di cartolarizzazione sintetica, che al costo di una commissione spostino i rischi di perdita su terzi”.

Il negoziato esclusivo andrà avanti fino al 9 settembre. I giocatori, come previsto, aumentano:  oltre a Unicredit, anche Mcc è entrata in data room, «con informazioni relative ad una selezione di sportelli bancari», come ha reso noto la banca senese ieri sera, e che potrebbero portare l’istituto pubblico a rilevare tra 100 e 150 filiali della banca senese nel Mezzogiorno.

Il problema, secondo fonti del quotidiano, riguarda la quantità e complessità di decine di migliaia di finanziamenti, che ammontano a 90,5 miliardi di euro e formano la gran parte del bilancio del Monte. L’approccio di Unicredit si sta dimostrando piuttosto selettivo. Il team di analisi dell’istituto milanse ha dato il via libera solo ad una fetta minoritaria – circa 30 miliardi di euro –  dei “fino a 80 miliardi” menzionati nel comunicato di fine luglio.

“Orcel e i suoi avrebbero chiesto una clausola di vendita (put) sui crediti stage 2, per restituirli al venditore se si rivelassero, nel tempo, inesigibili: alla stregua di quel che ottenne Intesa Sanpaolo su qualche miliardo di attivi delle due banche venete fallite nel 2017. Ma tali clausole, sul mercato, hanno costi salati: e il Tesoro azionista al 64%, che quattro anni fa salvò la banca senese con 5,4 miliardi e ora dovrà sborsarne altri per poterla vendere, non vorrebbe superare una soglia di costo per l’Erario che comunque non sarà meno di qualche miliardo”.

Le due parti sono al confronto su forme di assicurazione di tali rischi. Quanto ai 4,15 miliardi di euro di crediti Mps che sono già insolventi (“stage 3”), sono destinati fin dal principio a essere ceduti ad Amco, la società pubblica di gestione e recupero crediti che da tempo è entrata nel negoziato per analizzare «crediti deteriorati e crediti classificati come Stage 2», e valutarne l’eventuale acquisto. Il marchio infine più antico del mondo salvo rovesci resterà a Unicredit, che potrebbe usarlo a doppia insegna sulla rete in Centro Italia.

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