Consulenza efficiente: non solo istruzioni per l’uso

A cura di Maria Anna Pinturo, consulente presso Credem con la qualifica di Wealth Planner e fondatrice del blog diversamentefinanza.com. 

Chissà perché quando, in consulenza, si pensa all’efficienza viene in mente solo (non lo si intenda però in senso riduttivo!) il noto economista statunitense nonché premio Nobel Harry Markovits, la cui teoria del portafoglio rappresenta la fonte di ispirazione dello schema di risoluzione dell’intero sistema del wealth management (esagero volutamente nell’attribuire significato alla ben nota teoria ma è doveroso). L’assunto di base contenuto in questa celeberrima teoria è che si possano creare portafogli efficienti, capaci di ottimizzare i rendimenti attesi, sulla base di un determinato livello di rischio.

E, ancora più chiaramente, che per costruire un portafoglio efficiente occorre trovare una combinazione di titoli tale da minimizzare il rischio e massimizzare il rendimento. Che poi non è forse quello che tutti i clienti chiedono, in tutti gli appuntamenti del mondo e in tutte le circostanze, nonostante siano in apparenza e solo in rarissimi istanti della loro esistenza consenzienti a… rischiare? E infatti uno dei principi base della dottrina del premio Nobel è che tutti gli investitori siano avversi al rischio e che proprio per questo la soluzione efficiente nonché esauriente sia quella di un portafoglio che minimizza al massimo il rischio, ottimizzando i ritorni.

Sembra quasi di parlare di realtà dei fatti. Oggettiva. Come fosse questo, in fondo, il modo semplice (?) di affrontare tutti gli investitori del mondo.

Ebbene, mi sembra di poter dire che non sia più così semplice. E in realtà tale non è stato mai, dato che, come più volte detto, scritto e letto, l’investitore non accetterà mai che il suo portafoglio sia sufficientemente efficiente, per quanto il più diversificato e decorrelato possibile. Anzi, sembra proprio che occorra passare da una modalità oggettiva a una profondamente soggettiva e personale per affrontare la nostra (ossia quella che intendiamo costruire noi con i nostri clienti) teoria del portafoglio.

Questo passaggio – che ritengo sia uno dei più sollecitati dagli appuntamenti con i clienti specie dell’ultimo periodo, nel quale per quanto siano noti i temi dove si possa trovare efficienza e dunque semplicità e facilità nel costruire il portafoglio, i clienti ne fanno sempre un caso difficile da sbrogliare – ebbene questo passaggio mi è stato sollecitato e quasi reso urgente da un articolo del WSJ del 6 agosto.

Qual è il passaggio evidenziato dalla giornalista? Citando le parole di una consulente finanziaria che si è posta il problema della chiarezza nel mare dei concetti della finanza che rendono poco intellegibile le risposte sul che fare che tutti gli investitori cercano:

The key, says Andy Baxley, a Chicago-based senior financial planner with the Planning Center, is to focus on concepts that help those in search of financial literacy acquire not just instructions about what to do, but insight into why they should do it.

Il punto non è dettare istruzioni su cosa fare, ma illuminare approfondimenti su perché si dovrebbe procedere in un certo modo.

Dall’efficienza del portafoglio, oggettiva, all’efficienza comunicativa, soggettiva e tutt’altro che ininfluente nel consentire come esito la vera efficienza finanziaria. Dall’approccio al cosa a quello al perché. Direi tutt’altro che ovvio.

Perché, non so se capita anche a voi, ma io mi rendo sempre più conto di come per l’investitore sia difficile accettare le nostre istruzioni per l’uso, il cosa investire e il dove farlo calato dall’alto (passatemi l’espressione) al punto che l’investitore stesso è il primo a essere già preparatissimo su questo aspetto. Ed esempi di investitori che si presentano agli appuntamenti citando soluzioni apparentemente stellari suggerite altrove (per non dire da qualche altro collega…) si ripetono come non mai, ultimamente.

Dove l’investitore non è, o almeno stenta a essere, fondato se non preparato, è invece proprio sul perché possa essere migliore una scelta di investimento o di approccio nell’affrontare non solo il suo portafoglio ma più ampiamente il periodo e soprattutto l’immediato futuro. E questa mancanza si coglie nel momento in cui noi consulenti (non so se anche a voi succeda ma quasi me lo auguro, dati i risultati di relazione cui si approda grazie a questi momenti dedicati all’errare orientato a trovare la strada giusta o migliore) ci accingiamo a chiedere spiegazioni, a porre domande, insomma a sollevare criticità rispetto alle soluzioni apparentemente confezionate (passatemela!) cui il nostro cliente sembrerebbe essere approdato e voler attraccare.

Quasi la dinamica del perché non fosse così facile, appunto, da intraprendere e da portare a termine con l’investitore, che pure invece dovrebbe essere il più motivato, il più radicato e solido per procedere a certe scelte piuttosto che altre.

Ecco perché la necessità, se non urgenza, di evolverci noi nella consulenza dall’ottica del dettaglio e dell’elenco a quella della spiegazione dei perché sembra essere divenuta davvero attualissima soprattutto oggi. Anche solo (ma anche qui non vuole essere in senso riduttivo!) per non trovarci noi consulenti nella situazione di subire soluzioni di altri (concorrenti magari più aggressivi nel dettare i loro elenchi di prodotti) non capite, non approfondite dai nostri clienti.

Attualissima oggi, quando tutto sembrerebbe suggerire che sia arrivato il momento del riposo del guerriero, della preferenza per tutto ciò che è tranquillo e senza risultati, al punto che i clienti arrivano a chiedere se non già scelti altrove strumenti (soluzioni!) che non daranno loro nulla, oggi per i prezzi e domani per lo storno che verrà (se verrà), e che sicuramente potrebbero essere solo causa di un abbandono totale da parte loro rispetto alla preziosa consulenza, invece di un consolidamento nella sudata soluzione.

Consulenza che invece, se curata e governata nell’ottica dei giusti approfondimenti, potrà spiegare meglio perché possa esservi ancora terreno per stare e rischiare, e soprattutto continuare a farlo anche più avanti con la corretta diversificazione e nella migliore e più efficiente organizzazione degli asset. A fronte dei giusti… perché.

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