Generali, la scelta dei Benetton

La prima compagnia assicurativa italiana è al centro di un fuoco incrociato. Da una parte il blocco di Mediobanca, socio al 12,9%, che chiede continuità a cominciare dalla riconferma dell’attuale ceo, Philippe Donnet. Dall’altra l’asse Caltagirone-Del Vecchio, ambedue azionisti di Piazzetta Cuccia (3 e 19%) ma soprattutto ispiratori e spina dorsale del blocco alternativo, un patto parasociale che vale circa l’11% del Leone. Obiettivo è quello di spodestare dal trono l’attuale ad. Al patto siglato esplicitamente e circoscritto alla prossima assemblea per il cambio di guardia, si è aggiunta poco fa anche la Fondazione Crt. Con l’arrivo dell’ente torinese l’accordo parasociale sale al 12,334% del capitale di Generali. 

Adesso gli occhi sono puntati sulle eventuali mosse dei Benetton. La loro neutralità nella battaglia su Generali fa fremere il mercato che si chiede quanto la famiglia trevigiana possa resistere senza schierarsi. Nel 2019, al termine dell’ultima tornata elettorale sul Leone, Luciano Benetton aveva dichiarato a Repubblica: «Crediamo che le Generali debbano essere italiane. Ci sono anche Caltagirone, Del Vecchio e Mediobanca. È un bel pacchetto italiano che, tutti e tre insieme, vorremmo rafforzare». Una situazione che tre anni dopo, alla vigilia di quella che si preannuncia come un’assemblea in cui si andrà alla conta dell’ultimo voto degli investitori istituzionali (al 40,3% del capitale) e retail (23%), è stata rivoluzionata.

Con il 3,97% della compagnia assicurativa, l’appoggio dei Benetton porterebbe a spostare gli equilibri. Il mercato punta su una confluenza dei Benetton nel patto; una mossa che, tuttavia, potrebbe attrarre l’attenzione delle Autorità. In particolare  e conseguentemente anche sugli equilibri in Mediobanca, dove gli stessi Caltagirone-Del Vecchio e Benetton potrebbero in prospettiva ritrovarsi con una quota complessiva superiore al 25%, quindi oltre la soglia d’Opa.

La situazione è di per sè intricata e la guerra in atto non fa che rendere le cose meno automatiche. Tuttavia in questo panorama, la famiglia veneta è socia di Mediobanca dal 2007 col 2,1%, apportato al patto di sindacato nel 2012 e tutt’oggi siede nella versione light dell’accordo, e per questo nonostante la percentuale inferiore rispetto agli altri attori potrebbe influenzare la partita.

 

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