Mps, un’alternativa c’è: si chiama Piano Isacco

A Siena si aspetta un autunno caldo. Le elezioni suppletiva sanciranno un momento cruciale anche per i destini di Mps.  Fino ad allora, le trattative tra Tesoro e Unicredit resteranno verosimilmente “congelate”, per l’alto tasso di rischi che il dossier si porta dietro. Anche il mercato, come scrive Investireoggi, è cauto: i prezzi sia delle azioni che delle obbligazioni subordinate MPS sono caduti. Gli investitori avvertono la forza di Unicredit che nella trattative al momento unico acquirente recita il ruolo con il coltello dalla parte del manico. Per questo motivo fa gioco forza con il Tesoro, a sua volta azionista di Mps al 64,2%, chiedendo una banca ripulita dai crediti deteriorati e garanzie per neutralizzare l’impatto dell’acquisizione, fino a 6-7 mila dipendenti in meno e nessuno sportello nel Meridione.

Eppure, non è detto che il piano Unicredit sia l’unico sul tavolo del governo. Da alcune settimane, si parla apertamente sui giornali di cosiddetto piano Isacco.  L’opzione prevedrebbe un accordo tra banca e creditori, questi titolari di cause legali per potenziali 10 miliardi di euro di “petitum” totale. Tra loro spunta la Fondazione MPS, un tempo azionista di controllo dell’istituto e che ha avanzato richieste di risarcimento per 3,8 miliardi. Tuttavia, nelle scorse settimane l’ente ha trovato un accordo con il Tesoro per giungere a una transazione di soli 150 milioni.

Il piano sostanzialmente eviterebbe di tenere in piedi queste cause legali, che scoraggiano eventuali investitori nel trattare con lo Stato, il Tesoro cederebbe loro quote di azioni. Si tratta di una scommessa sul futuro di Siena: nuovi investitori o il crollo totale di Mps. I creditori diverrebbero soci di una banca che automaticamente tratterebbe con chicchessia da una posizione negoziale di maggiore forza. Così il campo sarebbe sgominato dalla presenza unica e sola di Unicredit. Si potrebbe puntare a rendere MPS davvero un terzo o quarto polo bancario nel Bel Paese.

L’unica variabile rimasta sarebbe il tempo. Secondo gli accordi con la Bce, il Tesoro dovrebbe lasciare l’azionario dell’istituto senese entro il 31 dicembre, ma se fosse possibile strappare un tempo suppletivo il Piano Isacco potrebbe essere una buona alternativa.

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