Consulenti, inganni e conflitti di interesse

In qualsiasi relazione consulenziale l’asimmetria informativa tra il professionista e il cliente è una fonte inesauribile di conflitti di interesse che può incentivare l’esperto a fornire consigli che favoriscono il proprio interesse, mettendo in secondo piano quello del cliente.

Ostacoli cognitivi
La consulenza finanziaria scorretta sembrerebbe interessare solo i professionisti che intenzionalmente si comportano in modo disonesto ma, in realtà, così non è. Infatti, la psicologia comportamentale ha da tempo accertato il fenomeno della “disonestà degli uomini onesti” che si basa sull’autoinganno. Così, il consulente si convince che i suoi consigli sono eticamente ineccepibili quando invece favoriscono i propri interessi, a scapito della qualità del servizio al cliente. In tal caso i consulenti non hanno modo di valutare l’eticità delle proprie prestazioni perché sono ostacolati pervicacemente da processi cognitivo/ affettivi inconsci, generati da diverse aree cerebrali.

Le convinzioni degli autonomi
Forse l’espressione più insidiosa dell’autoinganno è l’irrazionale convinzione, ostentata da alcuni consulenti finanziari autonomi, di “non avere alcun conflitto di interesse con il cliente”. Ma ignorano che il conflitto di interesse riguarda tutte le modalità di remunerazione. Ciò è una fonte di disimpegno morale inconsapevole, con l’illusione di obiettività, che non consente alcuna auto-sorveglianza etica: in letteratura è noto che chi afferma di essere integro “a prescindere” probabilmente non lo è.

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