Reti e consulenti, pancia piena ma rischi alti

Riportiamo di seguito un articolo inviatoci da un nostro lettore in merito alla tematica dei profitti delle banche-reti italiane.

Di fronte ai numerosi articoli che stanno riportando con sempre maggiore enfasi e risalto gli strepitosi risultati che stanno ottenendo nel corso del 2021 la maggior parte delle Società Finanziarie italiane (basti leggere sullo stesso numero di Bluerating gli articoli sui record di vendite di Mediolanum, sul gestito che traina la raccolta di Fineco e su Azimut sopra la vetta dei 17 miliardi), non possiamo che fare le nostre congratulazioni.

A confermare questo stato di grazia della finanza italiana, concorre anche l’articolo “Consulenti, tutti pazzi per le polizze” che, riprendendo uno studio effettuato da Assoreti, mette ancora una volta in evidenza come anche quest’anno “tra gennaio e la fine di ottobre, …….. in totale la raccolta assicurativa delle reti (includendo anche i piani pensionistici assicurativi) è stata pari a 14,7 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto ai 7,8 miliardi di euro del periodo gennaio-ottobre 2020.” Di queste “i financial advisor abilitati all’offerta fuori sede hanno collocato polizze unit linked per un valore di 8,4 miliardi di euro circa, contro i 3,2 miliardi dello stesso periodo del 2020“.

Nel prendere atto di questo positivo momento della finanza in Italia, un vero e proprio boom, vorrei formulare una valutazione che si discosti dai consueti commenti esposti da chi opera nel mercato al di fuori delle logiche di prodotto.

Da consulente finanziario indipendente, devo ammettere che sono veramente stanco e stufo di denunciare quello che oramai è per tutti un segreto di pulcinella: la massiva e preponderante vendita di prodotti con commissioni spesso discutibili, proposti utilizzando come foglia di fico la celebrata “consulenza”.

A tale riguardo sarei veramente curioso sapere quante delle 8,4 miliardi di Polizze Unit Linked (a cui sono da aggiungere le 3,24 miliardi di polizze multiramo) siano realmente adeguate e congrue a soddisfare gli effettivi bisogni e gli obiettivi dei risparmiatori. Diciamo che mostrare qualche dubbio sulla piena correttezza di queste operazioni mi sembra del tutto plausibile.

Da quanto sopra riportato, appare evidente come le continue denunce di comportamenti poco corretti convalidati dai dati forniti dalle stesse Associazioni di categoria (per es. leggi il “Report IVASS” del 21 Aprile 2021), risultino acqua fresca e non scalfiscano minimamente la poderosa “macchina da guerra” rappresentata dall’insieme delle Società Finanziarie (Reti, Banche ed Assicurazioni), che continua inesorabilmente a macinare utili su utili… alle spalle dello sventurato risparmiatore e con buona pace di tutte le documentate critiche di questo mondo.

Il problema è che il Sistema Finanziario vede oramai il settore del risparmio come la gallina dalle uova d’oro, con una altissima redditività consentita dalle elevate commissioni, in grado così di allontanare ogni problema di sostenibilità industriale, tant’è vero che già oggi molte grandi Istituzioni ottengono ben più della metà dei propri utili da tale profittevole settore, che, d’altronde, hanno tutta l’intenzione di sviluppare ulteriormente con nuovi enormi investimenti.

In un tale contesto, la potenza di fuoco del Sistema Finanziario è talmente poderosa ed in grado di condizionare l’intero sistema economico italiano, che ogni voce critica pare risultare ad oggi insignificante e del tutto ininfluente.

Ci troviamo a competere con una fionda contro un carro armato.

Ma proprio tale eccesso di sicurezza e presunzione rappresenta, per assurdo, il vero grosso problema, in quanto mi sembra che tutta questa enorme impalcatura si regga su basi alquanto fragili, su dei presupposti errati: dare per scontato che tutto rimanga così com’è sine die, con le condizioni di mercato – e le relative alte commissioni – immutabili.

Basti vedere cosa è successo in Inghilterra, dove, dopo l’approvazione della “Retail distribution review” (Rdr) nel 2012 (molto simile alla nostra MIFID II), un’applicazione rigorosa della legge sulla trasparenza ed i conflitti di interesse, una seria informazione ed educazione finanziaria ed il costante sviluppo della consulenza finanziaria indipendente, in pochi anni ha stravolto letteralmente il mercato, riducendo drasticamente le commissioni ed il numero di consulenti, con la conseguenza che molte Banche hanno preferito abbandonare il business del risparmio, divenuto nel frattempo poco profittevole.

Se la tendenza del mercato finanziario italiano dovesse seguire l’andamento avvenuto in Gran Bretagna, per evitare futuri potenziali difficoltà del Sistema, forse le Autorità competenti dovrebbero controllare con maggiore determinazione – allo stesso modo di ciò che sta avvenendo con il problema ambientale – l’attuale “inquinamento finanziario”, impostando una lungimirante “transizione finanziaria” prima che sia troppo tardi, incentivando le Istituzioni Finanziarie a dosare con maggiore oculatezza le proprie risorse attualmente focalizzate e sbilanciate su un business che col tempo – una volta “normalizzate” le commissioni – potrebbe rivelarsi non più sufficientemente profittevole.

Per una maggiore consapevolezza, basterebbe iniziare imponendo da subito un semplice e più rigoroso rispetto delle regole che già ci sono.

Che sia chiaro… per il bene delle Banche.

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