Consulenza: le prede e i predatori

Il processo di razionalizzazione del settore dell’advisory in Italia è ormai un dato di fatto. Questa constatazione viene però spesso mal tradotta come la prova evidente di una crisi di fondo del mestiere del consulente finanziario. Lasciando da parte le giustissime considerazioni sugli annosi problemi che affliggono la categoria nel Bel Paese, ricambio generazionale su tutti, a fare decadere questa azzardata ipotesi ci pensano due elementi oggettivi e quantitativi: il primo, roboante nella sua manifestazione, è la capacità costante di generare afflussi da parte dei professionisti, anche all’interno di un periodo complesso come quello pandemico. Giusto per citare qualche numero, tra il 2020 e il primi 9 mesi del 2021, il sistema è stato capace di portare a casa qualcosa come quasi 84 miliardi di euro, di cui circa 55 miliardi di risparmio gestito. In seconda analisi, osservando i dati offerti dallo storico delle relazioni annuali Assoreti, possiamo osservare che nel 2009 le imprese aderenti all’associazione si avvalevano dell’operato di 25.706 promotori finanziari, mentre l’ultima relazione disponibile (quella del 2020) mostra che nelle società associate sono attivi 24.636 consulenti. In termini assoluti, possiamo dirlo, il numero di professionisti del settore è stabile, specie se consideriamo che circa la metà della differenza numerica sussistente tra il 2009 e il 2020 viene idealmente coperta dall’esistenza del mondo fee only (circa 500 unità tra autonomi e società di consulenza finanziaria). Quello che davvero cambia, e qui ritroviamo la manifestazione empirica dell’assunto di partenza, è il numero di realtà che compongono la compagine associativa: 47 nel 2009, 25 nel 2020. Il dato è incontrovertibile: in undici anni il settore dei servizi di consulenza finanziaria si è praticamente dimezzato nel numero dei protagonisti di rilievo. I fattori che incidono su questo trend sono anche in questo caso riferibili a due casistiche. Quelli che potremmo definire esogeni, legati a loro volta a delle tendenze che coinvolgono il mondo degli intermediari nel loro complesso; come la digitalizzazione dell’offerta e l’aumento della concorrenza (dovuto a servizi più accessibili, oltre che a una maggiore consapevolezza dei clienti), fattispecie che richiedono importanti investimenti di capitale da parte dei potenziali operatori. Sull’altro fronte troviamo invece i fattori endogeni, dovuti a cambiamenti normativi del settore che di fatto hanno reso più onerosa la proposta di servizi di consulenza finanziaria (a causa della vastità dei processi da monitorare) e leso irrimediabilmente i margini di questo segmento di offerta (i cui attori possono quindi sopravvivere adottando le classiche economie di scala). Il sopracitato iter di razionalizzazione dell’industria ha visto esempi celebri nel recente passato. Si parte con il mega affare Intesa Sanpaolo-Ubi Banca, passando per il deal ConsultinvestSolfin e arrivando fino alla recente acquisizione di Deutsche Bank Financial Advisors da parte di Zurich Italia. Tre diverse operazioni per tre differenti “casi di studio”, tutti necessari per comprendere una dinamica più articolata. Bluerating li ha analizzati uno ad uno, mentre sullo sfondo si sta dissolvendo il fumo generato dal mancato matrimonio tra UniCredit e Mps. In quest’ultimo caso, l’arrosto forse non si è mai visto.

Golia mangia Golia
Sia Intesa Sanpaolo che il gruppo Ubi Banca sono (o sono stati) due pesi massimi del mondo bancario. Probabilmente la mossa del 17 febbraio 2020 di Ca’ de Sass spiazzò un po’ tutti, anche perché se è vero che la Bce premeva per un processo di razionalizzazione del mercato bancario europeo, in pochi si sarebbero aspettati che l’input sarebbe arrivato proprio dall’Italia e in maniera così clamorosa per dimensioni e soggetti. E così IWBank PI, rete in espansione fiore all’occhiello del gruppo guidato da Victor Massiah, si ritrovò improvvisamente parte dell’ammiraglia Fideuram ISPB, gruppo consolidato e leader del mercato da innumerevoli anni. Probabilmente non è stato semplicissimo fare combaciare due soggetti rivali, due dimensioni differenti e due filosofie di gestione oggettivamente diverse. A riprova di ciò i primi mesi di convivenza sono stati di assestamento, sia sul fronte degli afflussi che su quello dell’organico; sommando i dati di raccolta di agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre 2020 (i primi nei quali IWBank appare all’interno del gruppo Fideuram, dati Assoreti alla mano), IWBank mostrava circa 25 milioni di euro di deflussi, quando nel medesimo periodo del 2019 ci trovavamo di fronte a oltre 255 milioni di apporti. Un dato al quale si affiancava il fisiologico calo professionisti in forza alla squadra del direttore generale Dario Di Muro, che erano passati dalle 719 unità di fine luglio 2020 alle 698 unità del dicembre 2020. Ma dal 2021 la musica è cambiata: IWBank, prossima a diventare Sim, ha visto tornare la propria raccolta in territori ampiamente positivi, con oltre 141 milioni di apporti netti nei primi nove mesi dell’anno. Insomma, ora i primi frutti del nuovo corso proprietario cominciano a vedersi, in una sinergia virtuosa che è destinata soltanto a migliorare, come ha avuto modo di ribadire recentemente lo stesso Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fideuram ISPB: “Le fasi di passaggio sono sempre delicate, ma vediamo segnali positivi. Siamo convinti che, completata l’integrazione nel gruppo Intesa Sanpaolo, assisteremo sia a una crescita del portafoglio sia a una crescente forza attrattiva verso nuovi professionisti”.

Anche le boutique ci provano
Se è vero che i big del mercato si sono mossi, anche alcune realtà più piccole del settore, ma comunque forti di un modello di business vincente, si sono date da fare. Ne è la prova concreta Consultinvest, società che sul finire del 2020 ha accorpato al proprio interno Solidarietà e Finanza (SolFin), storica boutique della consulenza finanziaria fondata da Gianfranco Cassol. Lo stesso Cassol è poi diventato nuovo azionista col 20,1% del capitale in proprietà e un altro 4,1% in pegno a Consultinvest Spa di Consultinvest Sim, che fa capo per il 76,5% alla stessa Consultinvest Spa controllata dalla Consultinvest Partecipazioni di Maurizio Vitolo. Un’operazione che veniva dopo quelle di AlpenBank e di Multilife, con quest’ultima che ha permesso a Consultinvest di allargare il perimetro anche al settore assicurativo. Dopo che nel Consultinvest Sim aveva chiuso il 2020 con una raccolta del gestito positiva per 24,1 milioni di euro e masse intermediate di 1,45 miliardi, nei primi nove mesi del 2021 ritroviamo la società di Vitolo con quasi il triplo di quanto portato a casa l’anno precedente; nel dettaglio gli afflussi netti sono oltre 61 milioni di euro, con le consistenze patrimoniali che raggiungono quasi i 2,3 miliardi di euro. La rete è ora composta da 428 consulenti, con una crescita di organico rispetto al periodo pre Solfin di oltre il 40%.

Le affinità elettive
L’ultima grande operazione del mercato è quella avvenuta lo scorso agosto 2021 tra Zurich Italia e Deutsche Bank relativa all’acquisizione da parte di Zurich del network dei consulenti finanziari del gruppo Deutsche Bank. I termini dell’accordo prevedono il trasferimento di un ramo d’azienda costituito da 1.085 consulenti finanziari, 97 dipendenti, e 16,5 miliardi di masse in gestione. Se a livello di numeri non si può ancora stimare in maniera efficace l’esito dell’affare, lo stesso evidenzia un altro importante trend del mercato. Stiamo parlando delle sempre maggiori sinergie tra consulenza e mondo assicurativo, con il modello della bancassurance che sembra destinato a guidare in futuro anche altre dinamiche di razionalizzazione del mercato. E a spiegare che il binomio agenti-consulenti è parte fondamentale di un progetto di advisory vincente è stato anche lo stesso Dario Moltrasio, amministratore delegato di Zurich Investments Life, nel corso di una recente intervista rilasciata a BLUERATING. “Vogliamo stare vicini ai nostri clienti e servirli con un modello di consulenza vero che possa rispondere a tutte le loro esigenze. Quindi la possibilità di affiancare alle reti agenziali un network di consulenti finanziari di valore e di esperienza permette di massimizzare l’efficacia del nostro modello distributivo. Vogliamo creare una vera integrazione tra pianificazione finanziaria e assicurativa includendo anche le competenze differenziali nell’ambito della protezione”.

 

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