Consulenti, se la rete cambia ingranaggio

A cura di Alessio Fiorini

Il recente annuncio della discesa nell’arena dell’advisory di Zurich, tramite l’acquisizione della rete di Deutsche Bank (oltre 1.000 consulenti per oltre 17 miliardi di masse), sembra fare presagire una nuova stagione di aggregazioni nel modo delle reti, parallelamente al fermento già in essere nel mondo delle banche tradizionali. La discesa in campo di Mario Greco viene interpretata dagli addetti ai lavori come un importante segnale al mercato. Un nuovo polo di aggregazione sta per venire alla luce.

Polarizzazione sul mercato
Sarà un caso di successo come per altre reti di matrice assicurativa (Allianz e Banca Generali)? Di certo non sarà un merger fine a se stesso. Al tempo stesso Mediobanca cosa farà? A un passo dalla rete teutonica, dopo avere subito il sorpasso all’ultimo chilometro, abbandonerà il sogno di diventare uno degli attori protagonisti del nostro mercato? C’è da scommettere che non sarà così. Quali saranno le prossime prede? Widiba, Bnl o magari quella IWBank entrata nella galassia Intesa? Ci saranno operazioni tra grandi? Tutto è possibile. Si creeranno infine due modelli dimensionali? Avremo per esempio, tra alcuni anni, quattro cinque grandi organizzazioni e pochissime piccole reti con un modello di servizio unico ed un ambiente di lavoro che non sia spersonalizzante come spesso capita nelle big? Tante le sfide della nostra industria. Di sicuro ne vedremo delle belle. Come dicevamo, sembra profilarsi una forte separazione nel mercato delle reti nei prossimi anni. Alcuni grandi poli, spesso riferiti a primari gruppi bancari e assicurativi, e aziende di nicchia, indipendenti o facenti parte di realtà bancarie locali, più di territorio. Le necessità dimensionali sono ben comprensibili perché la size consente di avere economie di scala significative per comprimere i sempre più elevati costi collegati all’eccesso di normativa, alla compliance, agli investimenti nel digitale e nella tecnologia più in generale. Tutto bello quindi? Forse no. Con l’avvento di una nuova generazione di consulenti, spesso laureati, di sicuro dinamici e intraprendenti, credo che anche le reti big dovranno ripensare ai loro modelli nella gestione delle risorse umane. Ci sarà a mio avviso una sempre maggiore richiesta da parte dei consulenti di benessere psicofisico all’interno delle reti. Un ambiente friendly, smart, con una filiera corta e un accesso rapido a tutte le piattaforme.

Valorizzare le competenze
Poca burocrazia e un’attenzione forte al percorso di carriera e anche alla qualità di vita. In questo le reti più piccole hanno vantaggi da non sprecare e che potranno fare la differenza. Il modello di servizio sarà costituito anche dal rapporto non spersonalizzante tra sede e rete. E potrà essere la chiave per permettere a queste realtà non solo di sopravvivere ma anche di aumentare le proprie quote di mercato. Con la certezza di poter contare, in seno alla propria organizzazione, sul maggior tasso di felicità tra i cf italiani. E con l’avvento del Covid e la sensibilizzazione verso le tematiche ambientali, mi pare che i parametri di valutazione dei giovani talenti siano in forte trasformazione. Il denaro e la carriera contano. Ma i valori espressi da una determinata cultura aziendale di più.

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