Fineco, il capitano che guarda al futuro

Parte “advisory day by day” la nuova rubrica di BLUERATING che racconterà come si svolge nel quotidiano la professione di consulente finanziario e le storie lavorative di molti financial advisor. In questo numero il nostro magazine intervista Vincenzo Borchia (nella foto), area manager di FinecoBank. La sua carriera inizia in Banca Mediolanum nel 1986, all’epoca Programma Italia, e oggi è alla guida di 143 consulenti finanziari in due regioni italiane differenti sotto il suo coordinamento: le Marche e l’Emilia Romagna. Il suo lavoro copre più di 30 anni, cavalcando la fine di un secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio, attraversa la nascita del web e dei suoi prodotti. Oggi il consulente Borchia vede il futuro “chiaro e tecnologico”. Quando ha iniziato a fare questo lavoro? E cosa l’ha portata a farlo? Ho iniziato questa professione nel 1986. All’epoca ero un calciatore e ricordo il boom dei mercati azionari. Diversi miei colleghi giocatori guardavano Il Sole 24 Ore notando come un sacco di gente guadagnasse un sacco di soldi in borsa. Così mi sono incuriosito e sono entrato in Programma Italia, come consulente finanziario. Dopo due anni ho iniziato l’attività manageriale grazie ai miei risultati.

Cosa significa per lei fare questo lavoro?
C’è da dire che negli anni le cose sono cambiate molto. Fare questo lavoro oggi significa aiutare i miei consulenti a raggiungere degli obiettivi importanti, ma anche di vita e di carriera. È importante. Loro stessi sono impegnati, a loro volta, a far raggiungere al cliente nuovi obiettivi. Vale molto. È come essere un medico: sapendo che i risparmiatori non hanno grandissime competenze finanziarie, aiutarli a risparmiare è un lavoro prezioso. È la spinta che mi ha fatto continuare a fare questo lavoro negli anni.

Quindi possiamo dire che il consulente finanziario ha un ruolo fondamentale nell’implementazione dell’educazione finanziaria?
Moltissimo. Reputo che il risparmio sia una delle risorse più importanti che ha l’Italia e quindi dobbiamo essere bravi a saperlo gestire. Avere risultati importanti in termini di redditività migliorerebbe la situazione dell’Italia stessa.

Ma un cliente più formato a livello finanziario, può per assurdo far perdere di senso la professione del cf?
Eh no, è proprio il contrario. Guardando l’esperienza americana, il cf diventa un punto di riferimento. Noi non guardiamo solo al rendimento. Il consulente diventa di riferimento nell’acquisto, nella scelta degli immobili o dell’università per i figli. Non è solo la figura che si occupa di allocare gli investimenti, può aiutare per esempio anche nel passaggio generazionale o nella fiscalità. Quindi non solo investimenti, o prodotti. Quello che ci raccontano i nostri clienti sono anche storie personali, si fidano della persona. Il prodotto è solo il mezzo.

Come si svolge una sua giornata nella rete?
Negli anni è cambiata. Quando facevo il consulente finanziario sul campo mi occupavo di dare assistenza e sviluppare il portafoglio. Adesso la mia attività si svolge in una fase di coordinamento. Mi occupo di aiutare un gruppo di 143 consulenti finanziari nelle due regioni che coordino, Marche ed Emilia Romagna. Sono molto presente, mi piace spostarmi dal mio ufficio e andare da Ascoli Piceno a Fidenza per trovarli e seguire da vicino il lavoro. Mi affido anche ad una struttura manageriale che a loro volta gestisce i cf.

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