Consulenza, ora gli italiani ci credono di più

E’ stato pubblicato di recente il Rapporto 2021 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, redatto da Nadia Linciano, Valeria Caivano, Daniela Costa, Monica Gentile e Paola Soccorso della divisioni studi di Consob.

Il Rapporto fornisce evidenze in merito a conoscenze finanziarie, attitudini e scelte di investimento dei decisori finanziari italiani, anche al fine di cogliere eventuali profili di attenzione che possono derivarne per la tutela degli investitori.
L’edizione 2021 si articola in otto sezioni, di cui le prime due basate su dati di fonte esterna e dati di vigilanza e le rimanenti sei basate su dati di survey dell’Osservatorio CONSOB sulle scelte di investimento delle famiglie italiane. Come potrete leggere nella sintesi di seguito, nel corso degli ultimi due anni la quota di risparmiatori che si affidano a un consulente è nettamente cresciuta, segnale chiare di una fiducia sempre maggiore degli italiani verso i servizi di advisory.

Contesto macroeconomico
A ottobre 2021, l’attività economica nei principali paesi avanzati era attesa in forte recupero rispetto all’anno precedente.

Le prospettive positive, legate anche al buon andamento delle campagne di vaccinazione contro il Covid-19, risultavano tuttavia condizionate all’andamento dei contagi, in progressivo aumento specie nei paesi dell’Europa centrale e settentrionale.

 

Ricchezza e risparmio delle famiglie
Nel 2021 il tasso di risparmio rimane su livelli superiori a quelli pre-crisi, sia nell’area euro sia in Italia, dopo aver registrato un incremento di circa sette punti percentuali rispetto all’anno precedente.

In tutta l’Eurozona persiste una forte preferenza per la liquidità, che nell’ultimo quinquennio ha visto accrescere il suo peso nel portafoglio delle famiglie raggiungendo a giugno 2021 il 34% delle attività finanziarie totali (32% in Italia). Nello stesso periodo si è ridotto il peso delle obbligazioni mentre è aumentato quello di azioni, quote di fondi comuni e prodotti assicurativi e previdenziali. Nel complesso, dal 2015 al primo semestre 2021, il rapporto tra strumenti dei mercati dei capitali e liquidità nel portafoglio delle famiglie (indicatore sintetico della partecipazione ai mercati finanziari) è rimasto pressoché invariato sia nell’area euro sia in Italia, dove gli investimenti finanziari pro capite continuano a essere inferiori alla media dell’Eurozona (rispettivamente 2.330 e 3.160 euro). In ambito domestico, soprattutto a seguito dello scoppio della pandemia, risulta in crescita l’interesse verso i mercati azionari e il trading online, come testimonia anche la più intensa attività di negoziazione degli investitori specie con riferimento agli strumenti azionari. È inoltre aumentato l’interesse verso le cripto-attività, in un mercato mondiale in continua espansione, connotato da un’elevata eterogeneità degli asset e da una forte volatilità dei prezzi, e nell’ambito della intensa accelerazione della digitalizzazione dei servizi finanziari. Tali sviluppi richiedono una particolare attenzione alle competenze digitali dei cittadini, che in Italia risultano ancora poco diffuse, soprattutto tra le donne, e storicamente inferiori alla media europea.

 

Caratteristiche socio-demografiche e tratti della personalità
L’Osservatorio 2021 su ‘L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane’ raccoglie dati relativi a 2.695 individui, rappresentativi della popolazione dei decisori finanziari italiani.

A partire dal 2019, l’indagine include una componente longitudinale, che permette di seguire nel tempo l’evoluzione di conoscenze, attitudini e comportamenti degli intervistati che ne fanno parte. In linea con le precedenti indagini, gli uomini rimangono i principali responsabili delle decisioni finanziarie (72%), anche se nella maggior parte dei casi condividono le scelte con il partner. L’atteggiamento verso la gestione delle finanze personali è stato valutato con riguardo a diversi profili: ansia finanziaria, capacità percepita di raggiungere i propri obiettivi finanziari (auto-efficacia finanziaria), soddisfazione finanziaria e difficoltà a risparmiare per obiettivi lontani nel tempo. Coerentemente con le indagini precedenti, meno del 10% nutre un forte disagio nella gestione del denaro (nella componente longitudinale del campione, l’indicatore è in calo rispetto al 2020, ma più elevato rispetto al 2019). La quota di individui che percepiscono di essere finanziariamente auto-efficaci è pari al 38%, in diminuzione rispetto al 45% nel 2019 (lo stesso andamento si registra anche nella componente longitudinale). Il 52% degli intervistati si dichiara soddisfatto della propria situazione finanziaria attuale (in linea con il 2020 e in aumento per la componente longitudinale), in alcuni casi perché prevale l’ottimismo (15%). Le informazioni relative ad auto-efficacia, ansia finanziaria, soddisfazione finanziaria e difficoltà a pianificare nel lungo periodo sono state aggregate in un indicatore sintetico per cogliere l’attitudine complessiva degli individui verso la gestione delle finanze personali. Tale indicatore assume un valore medio per l’intero campione pari a 4,7 su una scala da zero a dieci, oscillando tra 4,1 per il sottocampione dei non investitori e 5,8 per gli investitori; si registrano inoltre valori in media più elevati per gli uomini, i più anziani e i laureati. Infine, meno del 30% degli intervistati dichiara di avere un’elevata fiducia negli intermediari finanziari, dato in calo rispetto allo scorso anno.

 

Conoscenze finanziarie
Le conoscenze finanziarie di base risultano ancora poco diffuse.

La quota di risposte corrette rilevate con riferimento a cinque nozioni di base (relazione rischio rendimento, tasso di interesse composto, inflazione, mutuo, diversificazione del rischio) si attesta in media attorno al 50%, dato che scende al 40% circa se si escludono le risposte corrette riferibili a individui che ex post non sono stati in grado di valutarne il numero e quindi potenzialmente casuali. Pur rimanendo contenuto, il livello di conoscenze finanziarie continua lentamente a crescere. Nel 2021, in particolare, gli indicatori di conoscenza sono aumentati di 3 punti percentuali rispetto al 2019. Nello stesso periodo, nell’ambito delle componenti longitudinali dell’indagine, i non investitori registrano un aumento pari a 4 punti percentuali, a fronte dei 5 punti riferibili al sottocampione degli investitori. Tra questi ultimi, inoltre, il livello di alfabetizzazione risulta significativamente più basso tra i ‘nuovi investitori’, ossia coloro che partecipano per la prima volta ai mercati finanziari nel 2020 o nel 2021. Più della metà dei partecipanti all’indagine, soprattutto giovani e individui con un alto livello di conoscenze finanziarie di base, in occasione di scelte finanziarie importanti approfondirebbe temi potenzialmente utili; di questi, un terzo si rivolgerebbe al proprio intermediario e/o consulente finanziario, mentre poco più del 20% preferirebbe documentarsi su siti istituzionali (come quelli di CONSOB e Banca d’Italia) oppure attraverso media specializzati.

 

Pianificazione finanziaria e risparmio
L’attitudine al financial control non è diffusa tra i decisori finanziari italiani.

Nella maggior parte dei casi, infatti, essi non hanno né un piano finanziario né la consuetudine di rispettare sempre il proprio budget (solo l’11% dichiara entrambe le abitudini). Viceversa, è diffusa l’attitudine a risparmiare, riportata dal 75% degli intervistati. Tenendo conto dell’insieme dei comportamenti appena menzionati, il grado complessivo di financial control si attesta a un livello insoddisfacente (con un valore medio del corrispondente indicatore sintetico pari in media a 5,5 su una scala da 0 a 10). La crisi sanitaria si è riflessa sulla capacità delle famiglie di accantonare risorse. Circa il 27% dei partecipanti all’indagine segnala una riduzione del reddito familiare (temporanea o permanente); il 39% fatica a far fronte alle spese fisse e ricorrenti (cosiddette famiglie fragili) mentre il 28% dichiara di non essere in grado di gestire una spesa imprevista di 1.000 euro; infine il 32% riferisce di aver sperimentato una diminuzione della propria ricchezza. A prescindere dall’impatto sulla ricchezza accantonata, a seguito della crisi le scelte di risparmio risultano associate soprattutto alla riduzione delle spese (in particolare tra coloro che hanno registrato un incremento nel livello dei risparmi). Oltre il 36% degli intervistati non sa come impiegare le proprie disponibilità alla luce dell’attuale contesto economico; tra i restanti, il 19% indica una preferenza verso la liquidità, il 17% verso l’investimento immobiliare e l’11% verso l’investimento finanziario.

 

Scelte e abitudini di investimento
La partecipazione ai mercati finanziari continua a crescere: nel 2021 la quota di investitori risulta pari al 34% dei decisori finanziari a fronte del 30% nel 2019.

Le attività più diffuse rimangono i certificati di deposito e i buoni fruttiferi postali (posseduti dal 43% delle famiglie), seguiti dai titoli di Stato italiani (25%) e dai fondi comuni di investimento (24%). Nell’ambito della componente longitudinale del campione relativa al triennio 2019-2021, sono stati identificati il sottocampione di investitori entrati nei mercati finanziari nel 2020 o nel 2021 (entrants), gli investitori attivi nel triennio 2019-2021 (panel investors) e gli intervistati che hanno lasciato i mercati finanziari nel 2020 o nel 2021 (exiting investors). Gli entrants presentano più di frequente un livello di alfabetizzazione finanziaria e di competenze digitali inferiori rispetto a quelle dei panel investors, mentre sono meno propensi alla pianificazione finanziaria e alla gestione del budget e dichiarano più frequente¬mente condizioni di fragilità finanziaria. Quanto alle abitudini di investimento, nel 2021 è aumentata la quota di investitori che si affida a un professionista (28% a fronte del 17% nel 2019), sebbene l’informal advice rimanga lo stile più diffuso (37%). Nell’ambito della componente longitudinale degli investitori, è possibile distinguere coloro che si sono rivolti a un consulente finanziario nel biennio 2020-2021 (new advisees) dagli investitori che si sono stabilmente affidati a un professionista nei tre anni considerati (panel advisees). I new advisees si caratterizzano in media per un livello più basso di alfabetizzazione, sebbene dotati di competenze digitali lievemente superiori a quelle dei panel advisees. L’attitudine alla gestione delle finanze personali risulta un fattore discriminante rispetto alle caratteristiche e ai comportamenti dei decisori finanziari. In particolare, gli individui che mostrano una migliore attitudine sono anche connotati da maggiori conoscenze finanziarie e digitali, dichiarano meno frequentemente situazioni di fragilità finanziaria e mostrano un maggiore livello di financial control. Nel contesto domestico rimane ancora marginale la partecipazione a web communities riferite a finanza e investimenti: solo il 6% degli investitori afferma di essere membro di web communities finanziarie, mentre il 25% non ne fa parte pur avendone sentito parlare e il 69% non le conosce. L’interesse a partecipare una financial community, manifestato dal 16% degli investitori, si associa negativamente al livello di conoscenze finanziarie e viene espresso più frequentemente dagli individui finanziariamente più vulnerabili. Nel primo semestre del 2021 le attività finanziarie della clientela retail detenute in custodia dagli intermediari italiani sono cresciute, principalmente a causa dell’aumento della quota riferibile a fondi comuni di investimento. Il servizio di consulenza è ampiamente diffuso, con una quota di attività sottoposte a consulenza prossima o superiore all’80% in quasi tutte le categorie di strumenti finanziari. Nelle gestioni patrimoniali, principalmente esercitate da Sgr, la composizione del portafoglio continua a mostrare la netta prevalenza dei titoli di debito pubblici e privati, rispetto ad altre tipologie di strumenti (64% a giugno 2021). Tale evidenza si riscontra anche nella composizione degli attivi dei fondi comuni aperti di diritto italiano, prevalentemente di tipo obbligazionario o flessibile e per i quali, di conseguenza, le obbligazioni rappresentano il 54% del totale a giugno 2021 a fronte di valori pari a 19% e 25% rispettivamente per azioni e quote di fondi comuni.

 

Investimenti sostenibili
Nel 2021 la quota dei decisori finanziari italiani che dichiarano di avere una conoscenza almeno di base degli investimenti sostenibili (sustainable investments, SIs) ha raggiunto il 20% (18% nel 2019); tale dato è pari al 37% nel sottocampione degli investitori (23% nel 2019).

Internet è la fonte informativa sugli investimenti sostenibili più frequentemente indicata dagli investitori (43% dei casi; era il 10% nel 2019). Fanno eccezione gli investitori informati che si avvalgono del servizio di consulenza finanziaria o di gestione patrimoniale, i quali individuano nel professionista il principale riferimento nel 40% dei casi, in netta crescita rispetto al 21% nel 2019. La propensione verso gli investimenti sostenibili è più diffusa tra le donne, gli investitori più giovani e i soggetti con un livello maggiore di alfabetizzazione finanziaria e competenze digitali. Nel 2021 è cresciuta lievemente, portandosi al 9%, la percentuale di investitori che dichiarano di possedere un prodotto finanziario sostenibile (7% nel 2019); tale incremento è più significativo nel sottocampione degli investitori assistiti da un consulente (dall’8% nel 2019 al 19%).

 

Digitalizzazione finanziaria
L’utilizzo di internet da parte delle famiglie italiane nell’ambito delle scelte economico-finanziarie oscilla tra il 2% nel caso della negoziazione di cripto-valute e il 44% per l’online banking, mentre quello riferibile ad altre sfere di attività raggiunge il 45% circa per l’acquisto di beni e servizi e il 53% per l’accesso a social network.

Gli intervistati si riconoscono un livello almeno buono di capacità nell’utilizzo della rete nel 27% dei casi nel sottocampione dei non investitori e nel 42% dei casi nel gruppo degli investitori. Un’autovalutazione più dettagliata delle conoscenze digitali, riferita a sette concetti di base e avanzati, mostra che la percentuale di risposte corrette varia dal 12% al 61%, attestandosi in media al 44%. La quota di decisori finanziari che dichiara di tenere condotte adeguate a un utilizzo sicuro della rete oscilla tra il 48% con riferimento alla gestione dei propri dati personali al 72% rispetto all’uso di antivirus, con una media campionaria di risposte in linea con i comportamenti adeguati attorno al 61%. Il 57% degli intervistati è interessato ad aumentare le proprie competenze digitali, soprattutto se vengono soddisfatte alcune condizioni, come la disponibilità di tecnologie facili da usare e di iniziative di formazione gratuita. Tale interesse è più frequente tra gli individui che mostrano conoscenze e competenze più elevate. Tra coloro che utilizzano la rete nell’ambito delle scelte economico-finanziarie, circa il 28% riferisce di usare servizi finanziari online più di quanto facesse prima della pandemia; di questi, quasi tutti sono disposti a mantenere le nuove abitudini anche in futuro, trovando attrattiva, tra le altre cose, la maggiore accessibilità e comodità di utilizzo del canale digitale rispetto a quello fisico. Per contro, gli intervistati che non intendono avvalersi della modalità digitale una volta superata la pandemia sono soprattutto coloro che ritengono di non avere abbastanza competenze (e che generalmente non sono interessati ad acquisirne) e coloro che preferiscono l’interazione ‘in presenza’. Rimane poco diffusa la conoscenza dei servizi digitalizzati: in particolare la quota di investitori che afferma di averne almeno sentito parlare oscilla tra il 19% per la consulenza automatizzata (7% tra i non investitori) e il 39% per le cripto-valute (18% per i non investitori).

Qui di seguito il report completo —> Report 2021 [formato PDF]

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