Consulenti finanziari, porte aperte ai bancari

A cura di Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting

Il reclutamento di consulenti finanziari da parte delle reti negli ultimi anni è già stato contraddistinto da un’evoluzione importante. Da qui bisogna partire per capire che cosa succederà nell’immediato futuro. L’inserimento di nuovi consulenti è da sempre una leva chiave di sviluppo per le reti, al punto che le stesse sono arrivate da un lato a rubarsi vicendevolmente i professionisti migliori, dall’altro, quale fase estrema di tale processo, a conseguire un livello di quasi di saturazione del mercato. Anche così può essere spiegato il fatto che nel nostro paese le prime sei organizzazioni di consulenti finanziari (Fideuram, Mediolanum, Fineco, Generali, Azimut, Allianz Bank) detengono circa 85% degli asset intermediati dai consulenti.

Più fedeli ai big
Non solo, tale concentrazione ha aumentato nel tempo anche la fidelizzazione dei consulenti alla propria rete di appartenenza: approdare in una delle big six nazionali può essere da alcuni vissuto come una sorta di punto di arrivo della carriera. Il passaggio successivo è stato che le reti, sempre alla ricerca di nuovi professionisti per favorire la crescita dimensionale e portare al loro interno nuove energie e competenze, hanno iniziato a rivolgere la loro attenzione ai private banker, di provenienza principalmente bancaria (UniCredit, Banco-Bpm, Mps, Bper, Credit Agricole, Bnl, Credem). Ciò, va detto per completezza, è stata anche un’operazione di riposizionamento per le stesse reti: in questo modo si spiega anche perché le medesime gestiscono oggi circa il 40% degli asset della clientela private.

Gestori affluent appetibili
Che scenario ci aspetta allora nel 2022? È ragionevole pensare che nel nuovo anno le reti potranno continuare ad arruolare alcuni private banker poiché esistono ancora margini in questo senso; tuttavia, c’è da ritenere che anche questo mercato tenderà a saturarsi. Che cosa fare? Una possibile soluzione potrà essere quella di guardare a profili più bassi, per livello di competenza ed esperienza, mi riferisco per intenderci ai gestori affluent delle banche. È evidente che tale opzione necessiti di un maggior livello di attenzione: infatti, va da sé che è più probabile che una rete inserisca un consulente con alto potenziale scegliendo un private banker. Sarà quindi essenziale porre attenzione alla selezione ed all’accompagnamento verso la crescita. Alcune caratteristiche chiave da ricercare saranno soprattutto: 1) la leadership, che consente al professionista di farsi seguire dai propri clienti nella gestione del portafoglio; 2) l’imprenditività, ovvero la capacità di essere propositivi e di sapere assumersi dei rischi. Guardando al 2022 con il giusto ottimismo che contraddistingue la professione del consulente e con gli indicatori economici che confermano la ripresa del nostro Paese, a chi predilige la professione del consulente finanziario e vuole eccellere in esso è consigliabile da ultimo focalizzarsi su due aspetti che in prospettiva potranno diventare strategici per il valore del consulente: 1) la produttività, la capacità di saper coordinare e ottimizzare la propria attività, di lavorare in un’ottica flessibile, per essere in grado di poter gestire un numero di clienti sempre maggiore; tutti gli studi e le analisi vanno in questo senso: nei prossimi anni un consulente dovrà essere in grado di gestire più clienti rispetto a quanti ne gestisce oggi; 2) la capacità di utilizzo delle nuove tecnologie, che oggi hanno raggiunto un livello elevato di evoluzione ma che, malgrado ciò, troppe volte sono date come conoscenza sottintesa, forse perché viviamo sprofondati nella tecnologia, nella realtà è da considerare irrinunciabile, oltre che per aumentare la produttività, per migliorare il livello di servizio offerto ai clienti

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