Nella tradizionale cena con il gotha del settore assicurativo inglese Abi (Association of British Insurers), il nuovo sottosegretario all’Economia – il conservatore John Glen – ha parlato di una “opportunità genuina” per facilitare la crescita del settore, proteggere i titolari di polizze e agevolare gli investimenti a lungo termine da parte delle compagnie assicurative.
L’obiettivo di Johnson e dei suoi pare essere quindi la creazione – di nuovo – del “Solvency II”, ovvero quel regime di regolamentazioni dell’UE per il settore assicurativo, nato nel 2016 come parallela estensione di “Basilea II”, dedicato alla sostenibilità delle banche.
Il nuovo ministro della Brexit, il neo eletto ultraconservatore ed eurofobo Jacob Rees-Mogg, sembra essere stato scelto per riformare o eliminare “subito mille norme legate al vecchio cappio dell’UEe così “scatenare tutto il potenziale dell’economia britannica”.
L’Europa, però, si è mossa addirittura prima dei britannici, con un piano da 90 miliardi di euro di boost al capitale di breve termine per un settore che al momento vale 10mila miliardi. Uno smacco non indifferente per Londra, visto che uno dei vantaggi della Brexit dovrebbe essere proprio la scaltrezza e rapidità di azione.
Anche il Regno Unito si sta muovendo, ma con più lentezza, e cambiamenti significativi non sono stimati prima della metà del 2023. Solvency II resta comunque uno dei banchi di prova più importanti per Boris Johnson e il Ministro delle Finanze, Rishi Sunak. In merito, le riforme dei britannici si concentreranno su due aspetti: una riduzione sostanziosa del margine di rischio per le compagnie assicurative e una parziale deregolamentazione del “matching adjustment”, che individua quali asset possono essere utilizzati dalle compagnie assicurative per sostenere debiti o obbligazioni a lungo termine.
Tra. favorevoli alla rivoluzione “big bang” c’è la direttrice delle normative della Abi, Charlotte Clark, che al Financial Times ha dichiarato che “si tratta di un passaggio fondamentale per aumentare gli investimenti e proteggere i clienti”. Più scettico invece Sam Woods, a capo della Prudential Regulation Authority.
Insomma, non sarà così semplice come annunciato dai brexiter, non solo per i rischi di stabilità del settore ma anche perché non è detto che “l’allentamento sui capitali e risk margin comporti subito una immissione importante di denari e asset nell’economia reale”.
La sensazione è quindi che il Regno Unito abbia buoni propositi, ma poco altro, come dimostrerebbe anche il vacuum sulle regole della finanza post Brexit. Non avendo trovato un accordo con la UE sulla materia specifica, la City resta in un limbo. A Londra si cercano idee, tanto che il nuovo ministro della Brexit, Rees-Mogg, scriveva ai cittadini: “inviatemi le vostre proposte, sono ben accette”.