Consulenti, tra timori di guerra e ricerca di razionalità

Pubblichiamo di seguito un’interessante riflessione a firma Gian Maria Mossa, tratta da LinkedIn, e riguardante la relazione tra lo scenario geopolitico attuale e il ruolo del consulente finanziario.

Fino a 3 settimane fa la pandemia globale da Covid-19 ci sembrava essere stata l’ora più buia per l’umanità nell’era post moderna. Ci sbagliavamo. Il conflitto bellico in Ucraina ha fatto precipitare il mondo in scenari che, almeno in Europa, non si vedevano da quasi 80 anni. Scenari che portano con sé conseguenze tanto anacronistiche quanto drammatiche nella loro possibile evoluzione. E mentre il nostro cuore è in apprensione per la tragedia umanitaria che coinvolge milioni di persone, la nostra quotidianità si trova nuovamente scossa da livelli di precarietà che gettano un velo di forte incertezza sul domani. Incertezze che, naturalmente, riguardano anche il mondo del risparmio.  

La guerra sui mercati

Già prima del conflitto, il mondo del risparmio era alle prese con una forte volatilità determinata da almeno due fattori: un ritorno strutturale dell’inflazione e i progetti di tapering delle banche centrali. L’invasione russa dell’Ucraina ha però dato il via ad una serie di eventi che solo poche settimane fa sembravano impensabili. I timori di una escalation su scala globale si sommano oggi agli effetti delle ingenti sanzioni applicate dalla quasi totalità della comunità internazionale verso la Russia. Le prime stime prevedono una crescita in contrazione con un impatto sul Pil globale che, stando alle prime e premature stime, dovrebbe aggirarsi tra gli 1.5 e i 2 punti percentuali. L’economia di Mosca viaggia rapida verso il default. La ricerca di fonti di approvvigionamento alternative al gas russo si scontra con un mercato globale nel quale la Russia aveva un peso di circa il 40% totale delle forniture. L’inasprimento del conflitto e i timori per una deriva nucleare stanno inoltre aumentando questo livello di tensioni.

Le conseguenze sui mercati sono inevitabili. Le Borse a qualunque latitudine hanno lasciato sul terreno ingenti perdite. Basti pensare che solo lo scorso venerdì 4 marzo, i principali listini europei hanno bruciato oltre 400 miliardi di capitalizzazione. Sul fronte opposto, invece, i prezzi delle materie prime corrono aggiornando costantemente i massimi storici con inevitabili ripercussioni sul conto finale alle famiglie. In questo scenario, è evidente quindi che il livello di preoccupazione è alto anche sul fronte del risparmio.

Il risparmio e il bisogno di razionalità

Analizzando la situazione attuale con più attenzione, ci accorgiamo però che l’andamento dei mercati è guidato più dai fatti di cronaca che da veri e propri razionali finanziari. Gli eventi bellici scandiscono le giornate e le conseguenti reazioni dei mercati. In questo clima complesso, non vogliamo sicuramente speculare su una tragedia umanitaria ma nemmeno far sì che l’emotività porti a consolidare delle perdite. Il risparmio ha bisogno di una forte componente di razionalità.

Uno studio condotto da Deutsche Bank, ha analizzato la reazione delle Borse globali in occasione di tutti i conflitti bellici dal 1938 ad oggi. I risultati sono molto interessanti. Dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour nel 1941, le borse americane precipitarono vertiginosamente salvo poi tornare sopra al punto di partenza in soli 12 mesi. L’invasione statunitense del Vietnam portò pesanti ripercussioni sui principali listini a stelle e strisce, i quali però guadagnarono in media oltre il 20% nei quasi 10 anni di conflitto a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta. Nel giorno dell’attacco al Kuwait (il 2 agosto 1990), l’indice S&P 500 lasciò sul terreno una maxi perdita del 24,1%. Sette mesi dopo, questa perdita era già completamente recuperata. Addirittura ci volle meno di un mese allo stesso indice per compensare il -13% registrato in occasione dell’attacco alle Torri Gemelle.  

Pur non rappresentando una garanzia assoluta, questi dati si propongono come un valido elemento di razionalità da mettere sul tavolo nel dialogo con i risparmiatori. Vendere nelle fasi di eccessiva emotività è sempre sbagliato soprattutto per chi, come i clienti delle reti di consulenti finanziari, è arrivato a questa fase storica con portafogli di investimento in linea con il proprio profilo di rischio.

La strada maestra: la consulenza finanziaria

Ci sono ambiti in cui si percepisce l’urgenza e il bisogno di affidarsi ad esperti, come ad esempio la sfera famigliare, medica e lavorativa; si è disposti davvero a tutto pur di essere in mani capaci. Sono convinto che anche nel mondo degli investimenti dovremmo avere la stessa tensione ed esigenza.

La crescente complessità richiede protezione, competenza e vicinanza e il ruolo del consulente finanziario è proprio quello di guida, credibile e affidabile, nel condurre con cura. La capacità di gestire le emozioni con professionalità, si mostra decisiva nel rapporto di fiducia con il Cliente.

Avere al proprio fianco un professionista nella gestione e pianificazione patrimoniale è quindi imprescindibile se si vogliono trovare risposte alle proprie domande, perplessità e apprensioni. E’ una professione complessa, in quanto l’imprevedibilità dei mercati ed i risultati negativi anche su brevi periodi sono immediatamente visibili, mentre in altri settori gli esiti sono spesso meno diretti o evidenti.

La consulenza è la strada maestra da seguire per chi ha veramente a cuore il percorso di realizzazione dei propri progetti di vita e navigare l’incertezza con esperienza e professionalità permette spesso di raggiungere anche le mete più difficili.

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