Consulenti, quando la banca è di famiglia

Le imprese familiari sono una peculiarità del nostro Paese, nella maggior parte dei casi si parla di piccole o piccolissime realtà che occupano nicchie di mercato dove l’individualità del fondatore e dei pochi fedelissimi sono il punto di forza ma anche il loro limite. I sei milioni di micro imprese italiane testimoniano la nostra atavica avversione all’aggregazione: “Piccolo è bello, meglio soli che male accompagnati, a casa mia faccio quello che voglio, l’occhio del padrone ingrassa il cavallo, non devo rispondere a nessuno se non a me stesso”. Queste sono le affermazioni che sentiamo sempre più spesso da parte dei titolari di piccole e medie imprese che spesso e inconsapevolmente stringono in un abbraccio mortale le loro creature, incapaci di farle crescere ed evolvere.

Eccezioni virtuose
Ci sono però alcune eccezioni: imprese partite da un imprenditore illuminato e poi diventate vere e proprie multinazionali di successo, come Ferrero e Luxottica, due realtà agli antipodi ma simili nel Dna familiare.
Entrambe fondate da imprenditori illuminati, la prima sotto il controllo della omonima famiglia che ha sempre ripudiato l’ipotesi di una quotazione in borsa, la seconda che ha fatto della borsa il suo trampolino di lancio. Anche nel mondo delle banche e delle reti dei consulenti finanziari esistono alcune realtà a trazione familiare vere e proprie eccellenze italiane. Le più importanti sono tre: Banca Mediolanum fondata da Ennio Doris, quotata in borsa e controllata dalla famiglia Doris (40,38%) e dall’altro azionista storico Fininvest (30,11%); il gruppo Credem, anch’esso in borsa con il 36,47% in capo alla famiglia Maramotti; il gruppo Sella, non quotato e dell’omonima famiglia dal 1886. La caratteristica che accomuna queste tre realtà, molto diverse tra loro, per storia, strategia e posizionamento sul mercato, sta in un azionariato stabile che garantisce al management e alle loro aziende una prospettiva di medio lungo termine senza pensare solo alla trimestrale. Il fatto di essere un’azienda a trazione familiare non esime certamente dal far crescere internamente i migliori talenti o di selezionare esternamente top manager di qualità. Anzi, possiamo dire che il valore e la qualità del management nelle aziende a trazione familiare sono ancora più rilevanti come fattori critici di successo rispetto a società ad azionariato diffuso.

Logica di lungo termine
Il patto tra proprietà e management in un’azienda a trazione familiare è infatti improntato alla medesima logica di medio lungo termine che guida le strategie aziendali: l’anzianità media nel top management delle aziende a trazione familiare è mediamente tre o quattro volte quella dei manager di aziende ad azionariato diffuso. Viceversa capita che i top manager che cambiano azienda ogni tre o quattro anni, spesso pure con le tasche piene, non di rado lascino dietro di loro rovine fumanti o, nella migliore delle ipotesi, qualcuno con il cerino ancora acceso in mano. È tuttavia evidente che le banche ad azionariato diffuso, purché guidate da manager capaci, siano alla fine quelle vincenti, soprattutto perché non costrette a passare dalle forche caudine del passaggio generazionale che troppo spesso fa precipitare le aziende familiari. Non è un caso però che alcuni punti di forza delle banche a trazione familiare, come la fedeltà del management e il prevalere delle logiche di lungo rispetto a quelle di breve termine, si ritrovino anche nelle banche ad azionariato diffuso di maggior successo.

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