Dal sindacato, un nuovo patto con le banche per i consulenti finanziari

Vi proponiamo di seguito un’intervista esclusiva a Nicola Scambia consulente finanziario, autore del romanzo JACKFLY e del saggio “Guadagnare in fondi oggi”, segretario sindacale della Federpromm e consulente per la realizzazione della sceneggiatura del film JACKFLY tratto dall’omonimo romanzo.

Domanda: Un sindacato dei consulenti finanziari non c’è mai stato e potrebbe perfino apparire una contraddizione in termini, dato che i consulenti sono a tutti gli effetti dei lavoratori autonomi: come nasce quindi questa avventura in Federpromm?

Risposta: La prima motivazione nasce dalla mia esperienza personale. Anni fa, lavoravo in una piccola banca, con azionista un gruppo internazionale e una condizione lavorativa positiva sia per me sia per i clienti che assistevo. Poi arrivò un grande gruppo, che decise di azzerare il vecchio management e imporre i propri uomini e le proprie strategie, senza alcun riguardo né per i consulenti né per i clienti finali. Con il risultato che chi faceva domande veniva revocato senza nemmeno dare una giustificazione, spesso nemmeno un preavviso. Questo è stato possibile perché il contratto che lega il consulente finanziario alla banca è oggettivamente sbilanciato: enumera una lunga lista di obblighi ma non prevede diritti o tutele per i consulenti.

D: Il sindacato come piattaforma antagonista del sistema bancario multinazionale?

R: Non scherziamo. I consulenti finanziari non possono essere antagonisti, perché sono parte integrante del sistema dei servizi finanziari. Anzi, occupano la posizione più delicata, perché garantiscono il collegamento tra il risparmio delle famiglie e l’industria finanziaria e, per farlo, devono godere della piena fiducia degli uni e degli altri. Però, perché il sistema sia in equilibrio è necessario che anche il ruolo del consulente sia in equilibrio e non sia schiacciato sui piani commerciali di alcune banche o sulla difesa della sopravvivenza propria e dei suoi manager. Da questo punto di vista, credo che il sindacato dei consulenti finanziari possa rappresentare uno stimolo positivo per l’equilibrio del sistema, soprattutto oggi che siamo chiamati a tradurre concretamente le tematiche ESG.

D: Per fare questo ci sono già le rappresentanze di categoria, che siedono ai tavoli istituzionali e si incaricano di far crescere il ruolo e la percezione dei consulenti finanziari nel mercato: c’è spazio per un sindacato?

R: Lo spazio c’è e va assolutamente riempito, se vogliamo dare un futuro alla professione e a un modello di servizio capace di crescere, dato che oggi meno della metà dei risparmiatori italiani si rivolge a un consulente. E il terreno di confronto è quello del potere contrattuale. Faccio un esempio: mettiamo che un consulente ha un progetto a cui sta lavorando oppure un piano di incentivi o un piano di stock option? Se le cose cambiano, perché cambia l’azionista o cambia il management o cambiano le strategie, tutto viene rigettato senza preavviso o rispetto per il lavoro del consulente. Salvo che non voglia imbarcarsi in una vertenza legale a dir poco asimmetrica. Lo stesso accade per qualsiasi tipo di riconoscimento economico, esclusione di prodotti e strumenti finanziari,  benefit come le coperture assicurative e sanitarie: l’azienda ha il potere di cancellarli senza appello, come può testimoniare qualunque consulente. Si tratta, quindi, di far rispettare dei diritti basici, riconosciuti a qualsiasi categoria di lavoratori, ma non ai consulenti finanziari. O almeno non sempre. E questo è il terreno d’azione tipico di un sindacato, qualcosa che oggi nell’industria finanziaria è assente.

D: Possiamo quindi dire che è un progetto che nasce da una rivendicazione di tipo economico?

R: Ripeto, non si tratta di rivendicazioni, ma di stabilire regole del gioco condivise, a tutela dei consulenti finanziari, che troppo spesso sono soli di fronte a palesi ingiustizie. Per questo, anche il metodo è diverso: non cerchiamo vertenze, scioperi o manifestazioni, ma vogliamo fare un percorso comune con le mandanti. La nostra è una proposta di autoregolamentazione. Come sindacato proporremo alle aziende del settore di inserire, volontariamente, una serie di impegni a tutela dei consulenti in forma di allegato integrato al mandato di agenzia. Nei prossimi mesi sarà redatto un documento con gli impegni che proporremo in modo chiaro e semplice e le reti di consulenti potranno volontariamente accettarli oppure lasciare le cose come stanno.

D: Lei ci è passato davvero da un procedimento legale e per far valere le sue ragioni ci sono voluti tanti anni: se le mandanti accettassero il patto proposto da Federpromm pensa che non avremmo più casi simili?

R: Il mio è stato un calvario che è durato 14 anni, in cui ho dovuto ricostruire in tribunale ogni singola vessazione che avevo subito, prima che fossero riconosciute le mie ragioni. Non dico che queste cose si possano evitare, ma una pubblica assunzione di responsabilità da parte delle banche – ripeto, a tutela di un asset fondamentale per le banche stesse e per il mercato, quali sono i consulenti finanziari – renderebbe certamente più trasparenti i contratti, più sereni i consulenti e più facile trovare una soluzione nelle situazioni conflittuali. Le clausole che proporremo sono sicuro che avvicineranno anche i giovani ad un mestiere che offre grandi opportunità nei prossimi anni. Proprio per questo nel mese di maggio contatteremo le migliori società di gestione per istituire un fondo pensione dei consulenti finanziari.

D: Tutte cose che in 50 anni non si sono mai viste. Cosa si aspetta nel breve?

R: Mi aspetto che molti consulenti finanziari si iscrivano alla Federpromm, sarà questo il modo migliore per dar forza ai propri diritti e quelli dei clienti che restano i nostri azionisti. Per il resto chi se ne occupa ha le competenze e la determinazione di portare a casa un risultato.

D: Come ci si iscrive?

R: Basta scrivere a [email protected] e con 50 euro si fa la migliore azione a tutela del proprio mestiere.

 

 

 

 

 

 

 

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