Reti, l’autogol dei fondi passivi

Pubblichiamo di seguito una mail inviataci da un nostro lettore che tratta di un tema emergente per il mondo della consulenza: i fondi passivi. Vi invitiamo a scriverci le vostre opinioni (anche in maniera anonima) all’indirizzo [email protected].

Gentile Bluerating, desidererei intervenire in merito a una recente notizia che ho avuto modo di leggere sul vostro quotidiano. In particolare faccio riferimento all’apertura ai “fondi passivi” effettuata da Fineco (leggi qui notizia). Senza entrare nel merito della proposta che sarà sicuramente valida e interessante, il pensiero vuole focalizzarsi sulle potenziali conseguenze per il mercato e per i miei colleghi che questa scelta potrebbe avere. So bene la necessità di “fare cassa” con nuove idee (possibilmente low cost per i clienti) in momenti di vacche magre (date le circostanze); scegliere prodotti a basso costo come questi al posto della liquidità, potrebbero pensare le reti, aiuta comunque a mantenere buone masse gestite. Il vero problema è che non tutti i clienti sono in grado di comprendere il plusvalore di una buona gestione attiva anziché di un prodotto di questo tipo e sono sicuro che, limitandosi alla valutazione delle commissioni di gestione, una volta impiegati in questa tipologia di strumenti sarà davvero complicato “riportarli” su dei fondi di diversa natura, più costosi e che magari sul breve possono apparire meno performanti (ma il valore di una gestione attiva si esprime al meglio sul lungo). Parafrasando una simpatica frase, per il cliente medio ignorantello “once you try etf, you’ll never go back”…a quel punto, inutile dirlo, sarebbe un bel problema di remunerazione, sia lato rete, che lato consulenti, con masse importanti impiegate in strumenti infruttiferi. Insomma, forse non se ne rendono conto, ma credo che una mossa del genere potrebbe rivelarsi un clamoroso autogol per il settore. Ma si sa, molto spesso in Italia ragioniamo sull’oggi e fatichiamo ad andare oltre.

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