Donnet: “Generali bene comune. Nessuna fusione in Italia”

Generali è importante per il paese, per questo non deve essere proprietà di alcune famiglie, di alcuni imprenditori. Per me le Generali sono un bene comune, un bene di tutti”. Queste le parole, riportate da Repubblica, nella prima uscita dopo la combattuta assemblea di aprile di Philippe Donnet, ad di Generali. In assemblea il plotone dei fondi esteri ha fatto la differenza votando per la lista del consiglio uscente, mentre la lista antagonista guidata da Caltagirone ha ottenuto poco meno del 30% dei voti e tre posti in cda. La governance del Leone non è però ancora a punto, visto che i comitati endoconsiliari non comprendono al momento nessun consigliere di minoranza. “Stiamo lavorando a una soluzione di mediazione – ha detto il neo presidente Andrea Sironi – il cda è sovrano in questo percorso. Sono ottimista che si possa arrivare a una soluzione che veda soddisfatte le minoranze e la maggioranza”.

Donnet si è poi tolto qualche sassolino dalla scarpa, respingendo le voci sulla minaccia francese su Generali. “Sono arrivato in questo gruppo quasi 10 anni fa e da 9 anni nella stampa italiana ho sempre letto di un interesse da parte dei francesi, ma non c’è una realtà, è un’invenzione. Se c’è stata una minaccia, c’è stata 5 anni fa ed è nata in questo paese. L’ad si riferisce al tentativo fallito di Intesa Sanpaolo nel 2017 di integrarsi con Generali nel momento in cui correvano voci di interesse da parte di Axa o Allianz. E ora Donnet respinge anche l’ipotesi di aggregazione con Unicredit: “Non c’è nessun progetto, nessuna ipotesi, non rientra nella nostra strategia perché non ha senso. Parliamo di business completamente diversi”.

In realtà i soci industriali Caltagirone, Del Vecchio e Benetton, benché usciti sconfitti dall’assemblea, non demordono e stanno cercando una via per conquistare Generali dal basso o dall’alto. Dal basso convincendo altri imprenditori ad acquistare un altro 5% del Leone rendendo possibile un ribaltone alla prossima assemblea; dall’alto cercando di rafforzare le posizioni in Mediobanca, dove Del Vecchio è sulla soglia del 20% e, secondo le norme in vigore, potrebbe chiedere alla Bce di salire fino al 25% senza assumerne il controllo. Oppure trovando una banca italiana interessata a lanciare un’offerta su Piazzetta Cuccia, raccogliendo le azioni di Del Vecchio & C, per poi sciogliere il cordone ombelicale tra la merchant bank e Generali.

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