Popolare di Sondrio, un piano con cedole da oltre 500 milioni

Oltre mezzo miliardo di dividendi da qua al 2025 e un payout ratio annuo del 5o%: con questa doppia e non banale promessa, Banca Popolare di Sondrio si è presentata al mercato alzando il velo sul nuovo piano industriale, il primo della sua storia ad essere diffuso sul mercato. Segnale che i tempi (e gli approcci) cambiano anche per una delle più antiche banche italiane –  è nata nel 1871 -istituto tradizionalmente cauto e che oggi fa i conti con la trasformazione (obbligata) da popolare in Spa varata a fine 2021.

Come scrive Il Sole 24 Ore, un’evoluzione, quella della veste societaria e della definitiva apertura alle logiche del mercato, che ha spinto la banca anche a cercare di spingere sulle aree di attività a maggiore potenziale per soddisfare le attese reddituali de gli investitori e puntare così sul risparmio gestito, bancassurance e servizi alle Pmi. Almeno a giudicare dalla prima reazione, il mercato ha voluto dare fiducia ai disegni del management: il titolo infatti nella giornata di mercoledì 29 giugno ha sovraperformato l’indice italiano, chiudendo a quota+1,38% contro un Ftse Mib in calo dello 1,2%.

Risultato non scontato, considerata l’accoglienza (in negativo) degli altri due piani industriali diffusi questo mese da parte di Bper e Mps. La sensazione diffusa, del resto, è che gli investitori guardino con un pizzico di scetticismo a linee guida e attese di redditività scritte spesso sulla sabbia, considerato il contesto geopolitico e macroeconomico a dir poco incerto. Per Popolare di Sondrio, invece, almeno in prima battuta sembrano aver prevalso altri elementi, a partire dal track record di una banca che storicamente ha sempre staccato il dividendo, e il cui management, sebbene cauto, gode di una certa credibilità.
La reazione del mercato è ancora più interessante se si considera che il piano è tutto giocato sulla crescita dei ricavi, la cui leva è tradizionalmente meno governabile, e molto meno sulla razionalizzazione del costi, che sono attesi anzi in aumento. Sono previste 163 assunzioni, nessun esubero, nessun taglio di filiali.

Al 2025 è atteso il raggiungimento di un utile netto di 323 milioni dai 269 del 2021, passando dai 263 nel 2023.
Il margine di interesse è visto in salita a 667 milioni (da 529 nel 2021), con una crescita annua del 6%, e commissioni nette a 443 milioni da 358),+5,5% annuo. Nella gestione del risparmio per la clientela è prevista una crescita annua dal 12% del volumi, mentre per la bancassicurazione, settore in cui l’istituto ha un’alleanza con il primo azionista Unipol («una partnership importante, stiamo lavorando per il rinnovo», dice il ceo Mario Pedranzini) è atteso un aumento dei premi dell’11% annuo.
La strategia è chiara: Sondrio sconta una bassa penetrazione su questi fronti e qui vuole crescere, in linea con altre banche. La partita non è facile, in particolare sul fronte del risparmio gestito, settore che risente degli andamenti del mercato.

Dalla sua, la banca valtellinese ha però una carta importante da giocare: il piano, curato da Oliver Wyman, basa la proiezione dei margini da interesse su ipotesi conservative in termini di tassi. Un rialzo futuro di 100 punti base dei tassi, dunque, può generare un incremento del 20% dei ricavi da interessi.
Ma non basta. Altra leva preziosa è costituita dal capitale in eccesso che Sondrio intende conservare una volta distribuito l’utile promesso. E un “cuscinetto” che vale 350 milioni di euro. Che cosa farne? “Valutiamo tutte le opportunità di mercato, bancarie e parabancarie”, dice Pedranzini, che però esclude buyback o dividendi straordinari. Sul futuro si vedrà, ma intanto la banca punta a mettere fieno in cascina e a proteggersi, qualora lo scenario dovesse peggiorare e con esso la qualità del credito.

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