Il wealth management 3.0 tra nuovi clienti e digitale

Instabilità politica, turbolenze sui mercati, e chi più ne ha più ne metta. Il 2022 è iniziato in salita per il Wealth management, e anche le prospettive per il futuro sono più incerte che mai. Come scrive Il Sole 24 Ore, dopo un decennio di mercati al rialzo, la situazione si è fatta decisamente più modesta. Si prospetta infatti un Cagr (Compound annual growth rate) compreso tra il 4% e il 5% circa per i prossimi 5 anni.
L’elevata inflazione e una minore liquidità potrebbero danneggiare la crescita economica, mentre il conflitto in Ucraina minaccia un’escalation geopolitica e una potenziale deglobalizzazione delle catene di approvvigionamento e dell’asset allocation.

Per resistere vanno quindi riviste molte cose, bisogna attirare nuovi clienti e perché no, appellarsi al digitale. Il report annuale su “Wealth e Asset management“, realizzato da Oliver Wyman con Morgan Stanley, evidenzia queste e altre sfide per il settore. Per tanto tempo numerosi gestori patrimoniali si sono concentrati sui clienti High net worthe ultra high net worth (Hnw eUhnw), mentre la fascia più bassa degli Hnw e la clientela “affluent” sono state sottovalutate. “Solo player con brand forti o notevoli capacita di investment banking sono stati in grado di crescere con profitto nei segmenti di clientela più elevati, perché il settore Uhnw è difficilmente scalabile e molto competitivo” ha sottolineato Davide Furlan, partner di Oliver Wyman. “Dall’altro lato, si è sottovalutato e investito poco nei segmenti inferiori e in particolare sui clienti affluent, il che ha limitato la creazione di valore del settore”.
Adesso i gestori si stanno quindi rendendo conto che non stanno cogliendo le opportunità nella fasce di ricchezza più basse: un bacino di nuove possibili entrate stimabile in circa 230 miliardi di dollari. “L’altro alleato del quale non si potrà fare a meno è il digitale, perché con l’aumento della complessità, dello stress sui margini e della pressione sui costi, l’industria deve accelerare la transizione verso il Wealth management 3.0 e la trasformazione di servizi e modelli operativi, passando a interazioni con i clienti più digitali e ibride” ha aggiunto Furlan.

Per farlo, sarà necessario diversificare e rendere modulari servizi e modelli operativi, sfruttando la tecnologia e riducendo i costi: solo in questo modo il settore potrà affrontare le sfide legate a crescita e profittabilità.
Per gli asset manager, la gestione patrimoniale diventa sempre più importante e questo impone loro di far evolvere digitalmente il modo in cui erogano i servizi. «Il legame tra Wealth e Asset managment cambierà anche in funzione del modello di servizio scelto pensato per un determinato target di clienti” ha continuato Furlan. “Il Wealth management 3.0 è facilitato dalla tecnologia, che permette di diversificare e rendere modulari l’offerta, i modelli di servizio e i modelli operativi, al fine di ridurre i costi e differenziarli in modo da servire un bacino di clienti più ampio”.
Secondo lo studio, chi sta accelerando la transizione al Wealth management 3.0 sta investendo una buona percentuale di ricavi a questo scopo e prevede di continuare a farlo nei prossimi 3-5 anni. “Gli asset manager si trovano a dover fare scelte importanti, come collaborare con i gestori patrimoniali e utilizzarli per la distribuzione, creare nuove soluzioni di distribuzione fortemente digitali nel Wealth management, oppure sviluppare delle piattaforme aperte orientate a questo comparto” ha detto Furlan.
In Italia, la crescita dei ricavi del wealth & asset management nel contesto macro e geopolitico è legata alla capacità di penetrare e servire meglio i segmenti retail e affluent. “Per riuscirci, i modelli di servizio dovranno evolvere per servire efficacemente un segmento che richiede un cost-to-serve inferiore” ha concluso Furlan. “In quest’ottica, la chiave sarà l’uso delle nuove tecnologie e della intelligenza artificiale, per integrare produttori e distributori e offrire servizi customizzati. Ancora una volta il futuro sarà dei player a scala, che avranno la capacità di investire sulle nuove tecnologie, ma anche dei player smart capaci di utilizzare al meglio queste nuove tecnologie”.
Questo contesto rappresenta un’opportunità per i wealth manager italiani, che già da tempo sono abituati a gestire il segmento affluent, così come per gli asset manager che hanno l’opportunità devolvere prima per poi esportare le proprie competenze.

 

 

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