E’ iniziata l’era del Meta-consulente

“Metaverso” è una di quelle parole che è arrivata sulla bocca di tutti ancor prima di essere compresa: ammettiamolo, a volte sembra di rivivere i bizzarri fasti del termine “blockchain”, con tutti pronti a parlarne senza capirne granché. Per nostra fortuna però spiegare il metaverso è molto più semplice, anche se richiede alcune doverose premesse. La storia ci insegna (e Wikipedia ce lo ribadisce) che il primo a introdurre questo concetto non fu il classico nerdone informatico, ma un autore di libri di fantascienza, precisamente Neal Stephenson. Nel suo libro Snow Crash, Stephenson descrisse il metaverso come una realtà parallela popolata da avatar che, al posto delle persone reali, possono muoversi, condividere esperienze e interagire tra loro in uno spazio tridimensionale. Niente male per essere un’intuizione formulata oltre 30 anni fa in riferimento a qualcosa che si sta delineando come la nuova frontiera della connessione sociale. Ebbene il cosiddetto metaverso non è nient’altro che questo: un luogo digitale fruibile attraverso strumenti di realtà aumentata o di realtà virtuale. Di fatto è un modo di accedere a Internet più immersivo, un insieme di spazi tridimensionali dove gli utenti si muovono liberamente utilizzando degli avatar; qui si può giocare, creare, lavorare e anche concludere accordi commerciali. Una versione di Second Life che ce l’ha fatta, per dirla in parole povere.

Alla luce di queste considerazioni, viene immediato immaginare il potenziale offerto da questo strumento: secondo una ricerca di Bloomberg Intelligence, il mercato globale del metaverso potrebbe superare il trillione di dollari nei prossimi 3 anni. Un piatto decisamente ricco che fa gola anche al mondo bancario e finanziario, data la natura del progetto e le possibili sinergie che potrebbero verificarsi, in particolare per quel che riguarda l’interazione con i clienti. A inaugurare questo filone ci ha pensato lo scorso febbraio il colosso finanziario JP Morgan, ovvero una delle big four americane (insieme a BoA, Citigroup e Wells Fargo) con una filiale nel metaverso, un lounge precisamente collocato all’interno di un lussuoso centro commerciale, il Metajuku. Che è anche il nome di uno dei quartieri virtuali più esclusivi di Decentraland, il mondo virtuale in cui gli utenti- avatar possono acquistare dei terreni digitali e che al momento conta su una base di 300 mila utenti attivi mensili e 18 mila utenti giornalieri. Ad accogliere i clienti digitali ci sono una tigre vagante e un ritratto digitale del Ceo di JP Morgan, Jamie Dimon. Se quest’ultima immagine potrebbe apparire al limite del trash, la stessa ci fornisce comunque la prova di come il mondo finanziario si stia già attivando per studiare soluzioni ad hoc per sfruttare queste nuove opportunità.

E la consulenza finanziaria, è il caso di dirlo, non si tirerà di certo indietro. “Per capire perché l’advisory nel metaverso abbia senso,” ci spiega Antonio Mazzone, procuratore di private banker che ha da poco avviato un processo di recruiting con il suo avatar sulla piattaforma online Sandbox “è interessante osservare come e perché, grazie al “bagno di tecnologia” post pandemia, il mondo bancario e finanziario abbia sterzato con decisione dalla attività prevalentemente fisica, all’online, alcuni addirittura al solo mobile e infine, ne siamo certi, al prossimo orizzonte del metaverso. Internet ha impiegato poco più di 15 anni per rimodellare drasticamente il sistema bancario. Per il mobile banking meno della metà. È quindi ragionevole pensare che il banking abilitato per visori di realtà virtuale e aumentata (VR e AR) si svilupperà ancora più velocemente”. “Già oggi,” prosegue Mazzone “in Europa e in Italia, ci sono banche che hanno avviato programmi di aggiornamento continuo delle filiali, con l’abilitazione digitale degli spazi fisici tradizionali, con il personale della banca che è diventato mobile e dotato di pc e con innovazioni come bancomat con riconoscimento facciale e assistenti chatbot. I clienti bancari e di servizi finanziari, in particolare i clienti più giovani, chiedono non solo una interazione digitale tramite app, ma immaginano di entrare anche fisicamente in una filiale del proprio istituto che sia però ridisegnata come uno “store” e ambienti in stile bar, in cui il banking si mescola con eventi sociali e artistici e con lo shopping. E  tutto questo potrà raggiungere livelli impensabili di “customer experience” con la creazione di comunità virtuali di clienti nelle filiali digitali nel metaverso. Dove poter trovare un ambiente o un hub che offra servizi digitali, finanziari e non, che aiutino gli utenti nella vita quotidiana e nei loro progetti di vita futuri”. E se sarà vero che, come recita un recente studio di Gartner, il 25% delle persone trascorrerà almeno un’ora al giorno nel metaverso entro il 2026 per lavoro, shopping, istruzione, sociale e/o intrattenimento ed entro il 2026 il 30% delle organizzazioni nel mondo avrà prodotti e servizi pronti su queste piattaforme, è forse arrivato il momento di iniziare a pensare a come potremmo plasmare un nostro avatar. Naturalmente più in forma, bello e allegro di quello che realmente siamo. Perché quando si tratta di raccontare la nostra storia, come ci ricordava Giorgio Gaber, bisogna pur sempre far finta di essere sani.

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