Mps, il futuro passa dalla ricapitalizzazione

La settima ricapitalizzazione di Mps prende sempre più forma. Come scrive La Repubblica, senza questa nuova iniezione di denaro, la banca più antica del mondo rischia pesanti effetti, tra cui il Burden sharing per azzerare azioni e bond. A fine novembre, se l’ad Luigi Lovaglio riuscirà ad uscire incolume e vincente dalla situazione, si potrà parlare del futuro. Dall’anno e mezzo successivo in poi, secondo impegni appena rinnovati tra Tesoro e Antitrust Ue, bisognerà rivendere l’istituto, da vedere se via aggregazioni. in questa sarà fondamentale l’aiuto del nuovo governo italiano, che si formerà dopo le elezioni del 25 settembre.

Già nella settimana post elezioni, la banca intende depositare il prospetto in Consob e in ottobre Lovaglio intende partire a Piazza Affari, per chiudere entro i primi di novembre. A chi chiedeva di rinviare il tutto, Lovaglio ha risposto così: “L’operazione è da fare subito in quanto circa 800 milioni serviranno a finanziare le uscite volontarie a fronte di una legge che scade il 30 novembre”. Dopo quella data, infatti, non sarà più possibile dotare di scivolo settennale i dipendenti Mps, stimati fino a 3.500, che potrebbero cogliere gli incentivi all’addio e partire dal 1° gennaio con 270 milioni di euro di costi in meno, “dotando definitivamente Mps di un risultato operativo confortevole e al livello delle rivali”, ha aggiunto l’ad.

Il secondo motivo per correre verso un aumento così ampio riguarda i primi due sponsor “privati”, ovvero Axa e Anima Sgr, che sembrano intenzionate a sottoscrivere il 10-15% dei nuovi titoli. Per farlo potrebbero chiedere la revisione dei loro accordi: il primo è un’esclusiva sulle polizze vendute sulla rete Mps, che scade nel 2027 e fruttò 115 milioni ad Axa nel 2021; l’altro è un accordo preferenziale sul risparmio gestito per i clienti Mps, scade nel 2030 e l’anno scorso portò ad Anima 85 milioni.

Il possibile negoziato con i due partner dovrà per forza svolgersi entro settembre, e dovrà anche risolvere due problemi sollevati dal socio critico e patron di Bluebell, Giuseppe Bivona. Uno riguarda il rischio di violare le norme sulla financial assistance – che impediscono accordi paralleli e condizioni preferenziali a fronte di sottoscrizioni di titoli – l’altro è la possibile emersione di due nuove parti correlate, disposte a pagare oggi per ottenere parte degli utili di domani, minando la stabilità futura di Mps.

L’Antitrust Ue ha concesso l’ok solo al rinnovo degli impegni del governo su Mps e a una generica ricapitalizzazione “inscindibile”, che garantiva la raccolta di tutti i 2,5 miliardi, con il Tesoro limitato alla quota parte di 1,6 miliardi. Successivamente però, i manager e le banche garanti hanno preferito rendere l’aumento “scindibile”, per potersi accontentare di importi parziali. Bruxelles però sarebbe contraria ad un’operazione limitata ai fondi statali, visto che la banca è sotto aiuto di Stato dal 2017.

Insomma un percorso difficile e pieno di incognite, ma che ultimamente porta con sé anche indizi positivi.  Fratelli d’Italia, il partito forse più quotato alle elezioni, sembra porre una cauta fiducia in Lovaglio e nel suo aumento. “Dopo le rassicurazioni date dall’ad di Mps in assemblea, e data la sua esperienza, confidiamo che riesca a concludere l’operazione con successo, senza creare problemi alla finanza pubblica” ha detto Maurizio Leo, responsabile economico del partito. Un attestato di stima che potrebbe anche valere a Lovaglio il rinnovo tra sette mesi, dopo che la banca ha eliminato dallo statuto i limiti di età che avrebbero impedito al nuovo capo di candidarsi.

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