Mps, si apre l’operazione da 2,5 miliardi

L’aumento del Monte dei Paschi di Siena prende ufficialmente il via. L’operazione inizierà a partire da questa mattina (lunedì 17 ottobre, ndr) per concludersi il 31 ottobre e portare nelle casse della banca più antica al mondo 2,5 miliardi di euro.

Come scrive L’Economia de Il Corriere della Sera, si tratta di un’operazione gigante per la banca, in un momento comune non semplicissimo. Nonostante tutto, però l’aumento può già definirsi positivo, con un rapporto di 374 nuove azioni ogni tre azioni possedute.

Il ministero dell’Economia, attraverso il Tesoro, controlla il 64,23% del capitale di Mps e si è già impegnato a sottoscrivere fino a un massimo di 1.605 milioni di euro, mentre le otto banche che compongono il consorzio di garanzia hanno sottoscritto impegni all’acquisto per complessivi 807 milioni di euro. I fondi Algebris garantiscono complessivamente di 5o milioni di euro, mentre terzi investitori si sono impegnati direttamente con il Monte per 37 milioni di euro, per un totale di 2.499 milioni. Dal conto sono esclusi i singoli risparmiatori, che potrebbero rispondere in maniera inaspettata all’aumento.

Luigi Lovaglio, ad di Mps dal febbraio 2022, ha lavorato duramente per portare l’operazione a compimento, insieme ad Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro. Da salvataggio disperato si è passati ad un mossa di grande interesse per gli investitori finanziari.

Uno dei primi a credere nella bontà dell’operazione è stato Davide Serra, con due assegni per un totale di 50 milioni, insieme a Maurizio Leo, referente economico di Giorgia Meloni.
I due partner industriali di Mps, invece, hanno adottato comportamenti differenti. Axa ha firmato impegni per 200 milioni di euro, mentre Anima si è fermata a 25 milioni.
Ma da oggi, dopo il via libera Consob di venerdì, le quote possono essere arrotondate. È il caso dei prepensionamenti e delle uscite, fino a sette anni, proposte con incentivi ai dipendenti. Il target era fissato a 3.500 esodi, ma sono pervenute oltre 4 mila domande.

Lovaglio può quindi rivedere i numeri, e lo farà incontrando le organizzazioni sindacali di categoria. Le 3.500 uscite inizialmente previste avrebbero garantito, a fronte di incentivi per 800 milioni di euro, un risparmio netto negli anni a venire, a partire dal 1° gennaio 2023, di 270 milioni sui conti della banca. Assecondare le richieste di tutti i circa 4.100 dipendenti pronti ad uscire alle condizioni prospettate richiederebbe un contributo di circa 937 milioni di euro una tantum, ma consentirebbero a partire da gennaio risparmi per oltre 316 milioni l’anno. In entrambi i casi l’investimento richiesto verrebbe ripagato in meno di tre anni.

 

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