Consulenti: si scrive fiducia, si legge industria

Lo scorso 4 ottobre a Milano s’è svolta la sesta edizione dei Bluerating Awards, un evento organizzato da questo magazine, che è diventato un punto di riferimento per le eccellenze della consulenza finanziaria italiana. All’interno di questo numero troverete un’ampia sintesi anche fotografica della manifestazione, durante la quale è stato offerto uno spazio di riflessione per tutta l’industria grazie all’intervento di Sergio Sorgi di Progetica (servizio alla pag. 38). Al centro del suo discorso il rapporto tra fiducia e consulenza finanziaria, legame tanto inscindibile da costituire la chiave del successo dell’advisory. Una recente ricerca di Vanguard ci dice, infatti, che la fiducia è l’elemento in base al quale i consulenti e i pianificatori sono scelti ma anche mantenuti. Chi si fida non cambia consulente, fornisce referenze, aumenta lo share of wallet. Tradotto sul piano pratico, la fiducia è un bene economico fondamentale, è l’interruttore che abilita o inibisce l’accoglienza di un consulente, la messa in comune di dati privati, la valutazione di una piattaforma o di un prodotto. “Pensate”, s’è chiesto Sorgi, “che 1.700 miliardi di euro giacciano sui conti correnti corrosi dall’inflazione perché le persone sono sciocche? No, perché non si fidano. Se siamo il popolo meno assicurato tra quelli evoluti, se versano in un fondo pensione 6 milioni di cittadini su una popolazione adulta di quasi 50 milioni di persone, la motivazione è semplice non ci si fida”.

Ecco perché la questione della fiducia riguarda tutti, anche i manager: se i vostri consulenti non si fidano di loro prima o poi andranno altrove o, ancor prima, la fiducia è alla base del reclutamento. Di conseguenza dovrebbe diventare al centro di un piano e un progetto, non un caso o un complemento romantico di un discorso tecnico. E la fiducia serve a questo: ad aiutare le persone a modificare i propri comportamenti, se lo desiderano. Per essere affidabili, dovremmo sapere cosa attiva o disattiva l’interruttore fiducia nei clienti e qui le sorprese sono molte. Il 17% dei consumatori ripone fiducia in un consulente perché fa quello che dice, il 30% nel fatto che il consulente agisce nell’interesse dei clienti ma il più grande peso, il 53%, viene dato a un elemento inatteso: ci si fida di un consulente perché ci fa dormire meglio la notte. Non ci si fida di chi non sa e questo ci richiede di essere competenti sui clienti, il che ci rimanda alla disponibilità di dati (predizioni comportamentali) e a strumenti di preanalisi che ci aiutino a orientarci sui bisogni e i desideri senza dover chiedere tutto. I consumatori, i clienti, stanno ricominciando a chiedersi “perché”. I consulenti finanziari ne hanno colto la portata? Perché solo comprendendo questa nuova sfida saranno più affidabili di una piattaforma con motori di calcolo e infinità di alternative e vinceranno la partita della disintermediazione.

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