Consulenti, le nuove sfide dell’educazione finanziaria

La questione dell’educazione finanziaria è sempre al centro del dibattito nazionale quando si parla di consapevolezza nella gestione dei risparmi. A tal proposito vogliamo segnalarvi l’ultimo post di Banca Mediolanum sul blog dedicato ai family banker, il quale tratta esattamente questa tematica, specificando come sia necessario impegnarsi di più su questo fronte. Qui di seguito un estratto del pezzo:

Cosa si intende per alfabetizzazione finanziaria?

L’alfabetizzazione finanziaria non è qualcosa che si acquisisce e stop: è una competenza che va costruita nel corso della vita e che, giocoforza, è condizionata dall’esperienza. Per quanto riguarda la platea dei giovani, inclusi i giovani italiani, dal 2012 la valutazione in materia è stata ricompresa all’interno del Program for International Student Assessment (PISA): il programma di valutazione internazionale degli studenti, un ambizioso studio comparativo sull’istruzione a livello mondiale curato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

Istruzione finanziaria: un programma d’indagine per gli adulti? Sarebbe determinante

Un’indagine simile a PISA per gli adulti non è tra le cose più semplici da realizzare, ci dicono gli autori del paper. Ma appare comunque urgente, perché consentirebbe di pianificare interventi di educazione finanziaria più efficaci, per migliorare l’inclusione economica e finanziaria e ridurre la vulnerabilità, sempre da un punto di vista finanziario.
Nel 2010, con un’indagine pilota, è stato lanciato il toolkit OCSE/INFE per la misurazione dell’alfabetizzazione finanziaria degli adulti. Due indagini sono state condotte nel 2016/2017 e nel 2020, un’altra seguirà nel 2023. Utilizzando lo stesso kit di strumenti, nel 2017 Bankitalia ha avviato una nuova indagine periodica, anche per dare un contributo alla raccolta dati OCSE.

In questa cornice, l’indice di alfabetizzazione finanziaria risulta dalla sommatoria di tre elementi:
• conoscenze: ossia comprensione dei concetti finanziari chiave;
• comportamenti: in che modo le persone agiscono rispetto alle questioni finanziarie;
• atteggiamenti: focus sui tratti personali, come preferenze e abilità non cognitive.

Un buon punto di partenza, secondo gli autori del paper, ma non mancano margini di miglioramento. Un primo elemento d’attenzione è il campione: bisogna aumentare il numero di Paesi presi in esame, includendo anche quelli a basso reddito. Occorre poi aggiungere variabili che colgano meglio l’attitudine delle persone a partecipare attivamente alla vita economica.

Per esempio, per chi non fa parte della forza lavoro e non segue corsi di educazione finanziaria, aggiungere domande per scoprire se quello status è frutto di una scelta individuale oppure se altri fattori (culturali, religiosi, eccetera) hanno giocato un ruolo, può aiutare a rendere più efficaci e mirati i programmi di educazione finanziaria.

Le competenze digitali dovrebbero poi essere valutate indipendentemente dall’utilizzo in ambito finanziario, per avere un quadro più completo. “Una quarta dimensione riguarda l’opportunità di integrare i dati delle indagini sull’alfabetizzazione finanziaria e digitale, sull’inclusione finanziaria e digitale e sulla protezione dei consumatori”, si legge ancora nel paper.

Sfide e nuove direzioni per le politiche di cultura finanziaria

Insomma, il sistema economico e finanziario è soggetto a rapidi mutamenti, modellati da shock economici e tecnologici. In questo contesto, l’alfabetizzazione finanziaria e le competenze digitali sono diventate pilastri essenziali per resistere e reagire a questi cambiamenti. Servono azioni politiche immediate ed efficaci per colmare le lacune. Ma, come sempre più studi e indagini stanno dimostrando, l’affiancamento da parte di una consulenza finanziaria professionale può imprimere già una prima, decisiva, svolta.

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